Perugia, corruzione: il finanziere "amico" degli imprenditori patteggia la pena

Il tribunale penale
Due anni di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per cinque...

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Due anni di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni: è questo l'ammontare della pena patteggiata dal luogotenente della guardia di finanza di Perugia arrestato nel dicembre 2020 con l’accusa di corruzione. La condanna e la pena accessoria sono pene sospese per l’imputato che in questi mesi ha restituito 15 mila euro, denaro che aveva ammesso di aver percepito indebitamente dagli imprenditori nei confronti dei quali - è l'accusa - si sarebbe mosso per aiutarli ad evitare controlli fiscali in cambio di utilità, regalie e mazzette. A far partire l’inchiesta contro il 58enne pugliese erano stati proprio i suoi colleghi del Nucleo di polizia economica e finanziaria. Il finanziere tra carcere e arresti domiciliari ha trascorso circa sei mesi da detenuto. Tra le contestazioni anche quella legata al pagamento dei lavori per realizzare una piscina a casa sua. L’iniziale accusa di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio è stata riqualificata in quella meno grave di corruzione per esercizio della funzione. La Procura di Perugia contestava al finanziere anche accuse di falso, rivelazione di segreto d'ufficio, accesso abusivo ai sistemi informatici e collusione in frode alla finanza. Stando alla ricostruzione il militare - in cambio di forniture di generi alimentari - avrebbe rivelato notizie riservate sfruttando la possibilità di accedere ai sistemi interni relative ad accertamenti di natura fiscale. Per quanto concerne la collusione in danno della Finanza, invece, il luogotenente sarebbe stato anche socio occulto di una società immobiliare da cui avrebbe ricavato guadagni illeciti per migliaia di euro. Proprio la sperequazione tra il reddito e il tenore del finanziere (che ha annunciato le dimissioni dal Corpo qualora non venisse destituito al termine dei procedimenti) ha persuaso i colleghi a mettere tutto nero su bianco. Ricostruiva il gip nell’ordinanza di custodia cautelare: «Disponeva essenzialmente del solo reddito da lavoro, ciò nondimeno, nel tempo, aveva potuto acquistare più immobili anche senza ricorrere alla stipula di mutuo e, negli anni, aveva acquistato tre autovetture». Pure gli imprenditori, già ristretti ai domiciliari, hanno patteggiato le condanne: tre mesi e 17 giorni il primo (con conversione della pena in 8.025 euro), sei mesi di reclusione il secondo (pena convertita in 18 mila euro), sei mesi il terzo (pena convertita in 13.500 euro). Per tutti loro vale il beneficio della non menzione e la non applicazione delle pene accessorie. Hanno partecipato al processo gli avvocati Vincenzo Maccarone, Laura Modena, Alessandro Vesi, Francesco Domenico Pugliese, Ilario Taddei e Francesco Areni.
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Il Messaggero