A Terni la benedizione di San Valentino, come ai tempi della peste

Ci sono momenti nella storia di Terni che la figura di San Valentino diventa centrale per la comunità. Quello che è andato in scena oggi pomeriggio in Basilica...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Ci sono momenti nella storia di Terni che la figura di San Valentino diventa centrale per la comunità. Quello che è andato in scena oggi pomeriggio in Basilica sarà uno di questi. Dopo aver celebrato la messa, il vescovo Giuseppe Piemontese ha impartito sul sagrato la benedizione a tutta la diocesi con le reliquie del Santo patrono della città. Una benedizione che nel tempo del coronavirus assume un significato particolare perché riflettendo sull’isolamento imposto dall’epidemia da coronavirus, la paura del contagio, la sofferenza per la morte di tante persone care, la prospettiva di un futuro economico precario o di povertà, la proibizione di partecipare alle celebrazioni liturgiche, il presule osserva: «La fede nel Signore ci orienta alla speranza e a una prospettiva ottimistica. Vogliamo lasciarci illuminare in particolare del nostro patrono San Valentino, che nei momenti difficili e di pestilenza ha fatto sentire la sua vicinanza e il suo patrocinio».


«Il coronavirus muore a 90 gradi», studio francese: a temperature più basse può continuare a riprodursi

Coronavirus, il nobel Montagnier: «Manipolato in laboratorio e rilasciato a Wuhan per sbaglio»



San Valentino è invocato per i dolori al ventre, gli svenimenti e la peste. Quella peste che il 21 giugno 1657 obbligò il vescovo dell’epoca, Monsignor Vincenzo Gentili ad impartire dalla Torre Barbarasa la benedizione, in questo caso le reliquie del sangue di Gesù custodite in Cattedrale. La peste sul finire dell’estate scomparve.

Durante l’omelia Giuseppe Piemontese l’importanza in questo periodo della famiglia, soffermandosi di come siano importanti le celebrazioni eucaristiche troppo spesso dimenticate dai fedeli ancor prima del Coronavirus: «Purtroppo questa pandemia non ci ha fatto concludere le manifestazioni per il Santo Patrono». La celebrazione, a cui ha partecipato pure il sindaco Leonardo Latini, è servita anche a questo.

 
    Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero