«Oggi è una giornata molto triste, dopo tanti anni siamo costretti a trascorrere il 25 aprile a casa. È un grande dolore non poter portare una corona ai miei...
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Cent'anni il prossimo novembre, per la prima volta la "Rivoluzionaria di professione", come è stata soprannominata, non ha potuto celebrare la Liberazione in piazza o al Monumento ai caduti, come ha sempre fatto. «Questa pandemia chissà quando finirà - commenta -, è una cosa completamente al di fuori della mia immaginazione. Ma in questa giornata il ricordo è sempre più forte di ogni cosa. Solo chi ha vissuto certe cose e rischiato in ogni momento la vita insieme, per un'ideale di libertà, può capire. La porta della mia casa di Piediluco era sempre aperta ai compagni».
Renata Stefanini Salvati ripensa anche alla Terni del dopoguerra, «distrutta dalle bombe, dalla fame e dalla miseria». «Ma allora - commenta - eravamo giovani, avevamo vinto i tedeschi e ridato la libertà a questo Paese. Oggi abbiamo altre forme di limitazioni della libertà, nelle menti, di cui la gente non si rende conto».
Quanto al coronavirus appena le misure di contenimento lo permetteranno, la quasi centenaria è pronta a tornare in ufficio, dove si è sempre recata ogni giorno per leggere i giornali e discutere con i figli. «Le gambe meno, ma il cervello funziona ancora - sottolinea -. Mi sono sempre ribellata a tutte le ingiustizie e alle mancanze di libertà e continuerò a farlo. Perché solo quando si perdono ci si rende conto di quanto siano
importanti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero