TERNI «Più il Coronavirus assume una forma aggressiva, più l'interferone, che è la molecola che inibisce la replicazione del virus all'interno...
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Coronavirus, dottoressa in trincea a New York suicida per lo stress: era guarita dal Covid-19
Coronavirus, chi sono i volontari che si fanno infettare con il virus: giovani e laureati
L'equipe del Necker pubblica su MedRxiv (una banca dati a protezione delle proprietà intellettuali) un nuovo studio. Si tratta di un'analisi approfondita a livello molecolare di ciò che accade nelle cellule dei pazienti infettati da Sars-CoV2. Si scopre la firma del Covid-19, insomma, «che porta a concludere verso l'utilizzo di interferone e anti-Tnf nei pazienti più severi». «Nel laboratorio dove svolgo la mia attività di ricerca racconta Laura Barnabei - diretto dal dottor Frédéric Rieux-Laucat, studiamo malattie autoimmuni nei bambini ed in particolare le modificazioni geniche che possono portare al manifestarsi di queste patologie». Improvvisamente anche l'ospedale pediatrico parigino si trasforma in centro Covid-19. Il personale sanitario si trova a fronteggiare l'emergenza sanitaria in corso, ospitando pazienti adulti che hanno contratto il virus. «In questa fase emergenziale straordinaria - racconta la giovane scienziata - considerata la collaborazione del nostro Istituto con medici di fama internazionale come Jerome Hadjadj e Benjamin Terrier, ci viene proposto di lavorare sul Covid adulto, essendo gli adulti i più predisposti a sviluppare forme severe di questa malattia. L'obiettivo era quello di trovare trattamenti che rallentassero la morte delle persone, quanto prima. Abbiamo quindi raggruppato i pazienti Covid suddividendoli a seconda delle forme moderate, severe e critiche della malattia, in base alle manifestazioni cliniche ed ematiche, nonché al bisogno o meno di ventilazione. Era urgente individuare una terapia funzionale e basata su riscontri scientifici, da mettere in atto il prima possibile». La seconda firma del lavoro è quella della dottoressa Laura Barnabei, che si laurea all'Università degli studi della Tuscia con 110 e lode in biologia e si trasferisce poi a Parigi, dove consegue il dottorato in immunologia. «In questo periodo non ci siamo mai fermati dice la giovane scienziata tanto da aver dimenticato il concetto di tempo. Gli ospedali di Parigi hanno già cominciato ad utilizzare la combinazione dei farmaci suggeriti da noi. Contribuire con l'esperienza scientifica ed umana al progresso della ricerca, ci fa sentire concretamente utili». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero