Coronavirus, artigiani e commecianti all'attacco: non chiediamo soldi, ma azioni concrete

artigiano al lavoro
PERUGIA Più misure e azioni, meno tavoli e comitati, per definire un patto di rinascita dell’Umbria. Lo chiedono Cna, Confartigianato e Confcommercio regionali, per...

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PERUGIA Più misure e azioni, meno tavoli e comitati, per definire un patto di rinascita dell’Umbria. Lo chiedono Cna, Confartigianato e Confcommercio regionali, per uscire dall’empasse causata dal blocco-totale. Una proposta indirizzata alla Regione e che trova origine dall’analisi di una situazione che vede l’Umbria reduce da performance economiche non brillanti che nel 2020 rischiano di sommarsi a una perdita del Pil superiore al 10%.

Non una richiesta di fondi, ma di un confronto per far ripartire imprese e lavoro e progettare quella che le tre associazioni chiamano “una nuova stagione economica e sociale”. «I dati sulla diffusione del contagio sono incoraggianti – osserva Mauro Franceschini, presidente di Confartigianato imprese Umbria - ma la pandemia rischia di diventare economica, lasciando sul terreno più “vittime” di quelle causate dal virus. Dobbiamo occuparci di questo e proponiamo di farlo tutti insieme». Da qui la proposta alla governatrice Donatella Tesei. «Abbiamo chiesto di stipulare un patto, per definire il cosa, il come e il quando delle azioni per risollevarci», aggiunge Renato Cesca, presidente Cna Umbria. «Questa emergenza ha messo in risalto le debolezze del sistema-Paese che negli ultimi 20 anni non è riuscito a fare quelle riforme che ora sono indispensabili per non fallire». Uno spettro che riguarda anche turismo e commercio che hanno subito più di altri il lockdown. «Molti alberghi e ristoranti sono ancora chiusi e chi ha riaperto lo ha fatto tra mille difficoltà», sostiene Giorgio Mencaroni, presidente regionale di Confcommercio. «Le persone non escono né stanno arrivando turisti e il blocco dei collegamenti internazionali ha ridotto le esportazioni, con effetti negativi sui principali comparti manifatturieri umbri». Una carenza di domanda che in prospettiva potrebbe intaccare anche i livelli occupazionali. «La contrazione è già in corso col mancato rinnovo dei contratti a termine, ma per turismo e commercio è necessario un ulteriore ristoro e una riduzione del cuneo fiscale per restare sul mercato, per il manifatturiero, nuove misure per rilanciare l’export».

Sul tavolo restano i dubbi su alcune misure del decreto Rilancio e la certezza di dover velocizzare l’operatività dei provvedimenti. «Servono politiche settoriali mirate e misure trasversali su credito, digitalizzazione, innovazione e formazione», aggiungono le tre associazioni. «La Regione da un lato dovrebbe potenziare con risorse proprie alcuni provvedimenti nazionali e dall’altro, adottare misure tese a coprire gli spazi lasciati vuoti dal Governo. Non chiediamo più fondi ma un confronto fattivo: la campagna promozionale se fosse stata accompagnata da azioni concordate con enti locali e imprese del settore avrebbe avuto risultati amplificati. Non siamo inoltre riusciti a capire perché, in sede di concertazione con associazioni e forze sociali, non sia stato affrontato il tema del ricollocamento delle risorse dei fondi strutturali. In questa emergenza abbiamo dimostrato capacità propositiva: la situazione è complessa e per affrontarla riteniamo serva un confronto costruttivo tra competenze e saperi di diversa natura». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero