Corciano, 23 lavoratori sfruttati nel negozio di abbigliamento: turni doppi non pagati e metà ferie

Perugia, la Procura della Repubblica
Ventitré lavoratori sfruttati all’interno di un negozio di abbigliamento di Corciano. Turni raddoppiati rispetto al contratto, domeniche in servizio senza alcuna...

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Ventitré lavoratori sfruttati all’interno di un negozio di abbigliamento di Corciano. Turni raddoppiati rispetto al contratto, domeniche in servizio senza alcuna maggiorazione e solamente due settimane di ferie all’anno. La Procura della Repubblica di Perugia ha chiesto il rinvio a giudizio per l’amministratore dell’esercizio comerciale (50 anni, di Portici) e due suoi collaboratori di 54 e 58 anni, pure loro campani, che si sono alternati nell’incarico dal febbraio 2016: devono tutti difendersi dall’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Lo faranno nel corso dell’udienza preliminare in programma nei prossimi giorni nel Palazzo di Giustizia in via XIV Settembre. I fatti contestati vanno dal dicembre 2014 alla fine del 2017. 

Stando a quanto emerso nel corso delle indagini coordinate dal pubblico ministero Anna Maria Greco i tre «utilizzavano, assumevano e impiegavano manodopera alle dipendenze della società, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno». In particolare i 23 lavoratori, tutti considerati persone offese, venivano «assunti con contratti a termine, a condizione che lavorassero per 40 ore alla settimana, mentre l’orario lavorativo dichiarato nel contratto, e retribuito, sarebbe stato di 22/23 ore settimanali». Stando alle carte della Procura, inoltre, i lavoratori venivano «costretti a sistematiche prestazioni di lavoro tutte le domeniche in assenza delle dovute maggiorazioni retributive e compensazioni» mentre il godimento delle ferie - è sempre l’accusa - era consentito solo per un paio di settimane nonostante il Contratto nazionale ne preveda quattro. Da una dipendente - si apprende sfogliando gli atti dell’inchiesta - si è preteso che in occasione del matrimonio sfruttasse le ferie ordinarie anziché il «dovuto permesso specifico»: alla donna «non le sono state corrisposte per due mesi neppure le indennità di maternità erogata dall’Inps». Il magistrato inquirente contesta agli imputati l’aggravante dello «stato di bisogno delle persone offese derivante dall’assenza di diverse fonti di sostentamento e quindi della necessità di procurarsi reddito lavorativo mediante tale impiego».

Tra le fonti di prova menzionate nella richiesta di rinvio a giudizio ci sono le informative dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Perugia, i verbali di accertamento, la documentazione del’Usl Umbria 1 e le dichiarazioni spontanee dei dipendenti. Gli imputati vengono difesi dagli avvocati Maurizio Capozzo, Vittorio Lombardo e Guglielmo Abbate.

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Il Messaggero