PERUGIA - Uno dei più grandi pianisti jazz cui Umbria jazz ha legato alcune della pagine memorabili del festival. Chick Corea è tornato a Perugia in una veste...
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Così, proprio Spain diventa il manifesto di questo live e un po' tema simbolo della Umbria jazz post 2003, quella della temporary arena. Così ecco tornare quelle note indelebili che hanno visto ancora una volta costruire un dialogo unico tra un musicista e il suo pubblico. Persone che, specie dalla gradinata, giocano a seguire i fraseggi del pianista, diviso tra tastiera e synth, con quello spirito che solo il jazz sa trasmettere. L'idea di proporre magari uno standard o un pezzo noto, ricostruendolo in una veste quasi inedita, improvvisando e divertendo. Il pubblico apprezza e anche lo spettatore apparentemente più composto finisce nell'applaudire in modo pop, mentre sul palco Corea e la Spanish Band si abbracciano, prima di lasciare il palco accompagnati da un'altra improvvisazione. Ė il flautista che accenna ancora un tema col pubblico in piedi a salutare e applaudire.
La serata scorre su un registro per certi aspetti simile anche se poco in comune Corea e Richard Bona hanno, se non l'anima latina che in questo progetto il pianista ha recuperato. Perché lo Sting dell'Africa, cantante, bassista e compositore, recupera sì il suono latino del flamenco, ma in ogni brano si erge ingombrante ora un'eco di festa ora un riflesso sofferto. Un quadro dai contorni colorati sorretto dal fuoriclasse della chitarra flamenca, Antonio Rey, protagonista anche di una solo performance in chiave acustica. Con lui Paco Vega alle percussioni e un impetuoso Thomas Potiron, fenomeno del violino scoperto da Got Talent España e la struggente vocalità di Mara Rey Navas. Ma il flamenco, per quanto avvincente, non può essere solo suonato: così, ecco alzarsi dal sestetto schierato Daniel Navarro, di professione ballerino. E lui, camicia rossa e nera in classico stile andaluso, contribuisce a catapultare la serata verso nuovi confini.
Che diventano inesplorati quando la scena è presa da Bona che annuncia di voler testare "a new italian woodoo machine". Parte un campionamento e un ritmo in loop sulle parole pasta e fagioli (o petroli). La vera macchina si rivela però Bona, specie quando prende la scena con la sua voce con cui, con l'ausilio della loop machine, costruisce un tappeto ritmico che diventa la base di un canto che conduce nel cuore dell'Africa. Prima di regalare, col gruppo tornato al completo, una versione afro-andalusa di Fragile di Sting. Ancora una bella scoperta di Umbria jazz. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero