Coltellate al Lido Club di Perugia: «Hanno aggredito la mia fidanzata»

Coltellate al Lido Club di Perugia: «Hanno aggredito la mia fidanzata»
PERUGIA - E’ una ricostruzione dei fatti completamente diversa rispetto a quella per i quali è finito in carcere con le accuse di tentato omicidio e lesioni aggravate...

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PERUGIA - E’ una ricostruzione dei fatti completamente diversa rispetto a quella per i quali è finito in carcere con le accuse di tentato omicidio e lesioni aggravate quella che ha intenzione di offrire al giudice Natalia Giubilei l’albanese Renato Bakalli (30 anni) protagonista della lite scoppiata durante la notte tra lunedì e martedì al Lido Club di Ponte San Giovanni. Niente coltelli, nessuna provocazione iniziale da parte sua a un gruppo di ragazze che stava ballando nel locale tra cui l’ex fidanzata. Lo straniero, detenuto in una cella dell’istituto penitenziario di Capanne, con ogni probabilità venerdì mattina comparirà davanti al giudice per le indagini preliminari per l’udienza di convalida dell’arresto. Secondo quanto riferito finora ai suoi legali - l’avvocato Daniela Paccoi, difensore di fiducia, viene affiancata in questa fase dal collega Guido Rondoni - lui stava ballando nella discoteca alla periferia di Perugia quando si è scatenato il parapiglia.


Nel locale c’era l’ex compagna - è la ricostruzione dell’indagato - che avrebbe aggredito l’attuale fidanzata di Bakalli. A quel punto il trentenne albanese sarebbe intervenuto in difesa della donna e sarebbe stato colpito da altre persone presenti nel locale. Una testimone ha raccontato ai carabinieri di aver visto Bakalli estrarre dalla tasca dei pantaloni un coltello, la seconda lama l’avrebbe tirata fuori dalla borsetta l’attuale fidanzata - anche lei arrestata con l’accusa di lesioni e piantonata in ospedale per la frattura alla mandibola -. Coltelli? «Non avevo con me nessun coltello - è sempre Bakalli -. Nella concitazione devo aver raccolto e impugnato qualche pezzo di vetro che ho successivamente utilizzato per difendermi e farmi largo per uscire dalla discoteca». Quindi la fuga a bordo di una Mercedes Classe A, interrotta qualche centinaio di metri più avanti da una pattuglia dei carabinieri. «Mi sono fermato per chiedere aiuto agli uomini in divisa». Anche questa dichiarazione, insieme alle altre a proposito di quella folle notte di violenza, è da prendere con le molle. Bakalli e la fidanzata, questo è un dato certo, hanno riportato 30 giorni di prognosi, sono le più gravi rispetto ai referti delle altre sei persone ferite. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero