Analfabeti del pallone scemo chi non legge

Analfabeti del pallone scemo chi non legge
PERUGIA - Allo scadere dei minuti concessi all’intelligenza e al secondo tempo di Real Quadrelli-Trevi, prima categoria di calcio, tale Narciso sferra un calcio a talaltro...

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PERUGIA - Allo scadere dei minuti concessi all’intelligenza e al secondo tempo di Real Quadrelli-Trevi, prima categoria di calcio, tale Narciso sferra un calcio a talaltro Danilo per frantumargli simpaticamente denti e naso.




Vista la scena, quelli sugli spalti pensano bene di imitare gli eroi in campo e, a dimostrazione che la testa in molti casi serva solo a trattenere le orecchie, se le danno di santa ragione. Ma la notizia non è la tragica normalità di quanto avviene nei perimetri del pallone menato, zona franca dell’ultima arena in cui volano pugni e calci per tenere allegro uno spettacolo tristissimo di rimpalli, noia calcistica e corsa degli alci.



L’episodio segna piuttosto un’ampia e preoccupante diffusione dell’analfabetismo. Nonostante la scuola dell’obbligo in cui viene imposta almeno la lettura completa delle parole unitamente alle frasi per dare un senso compiuto ai propri pensieri, il fenomeno è più ampio di quanto avessero previsto gli educatori.



Passi la facoltà di non tenere conto delle condanne (neanche dieci giorni fa) a sanzionare con decisione i teneri ragazzotti di Bastia e Foligno che per poco non mandavano al Creatore uno di loro, sorvoliamo gli appelli dei presidenti più illuminati delle squadre, ma il colmo è non leggere i cartelli piazzati ai bordi del campo in cui è scritto in prima persona un mantra decisivo: «...l’arbitro deve arbitrare, i giocatori giocare, gli spettatori incitare la squadra, non insultate gli avversari, sono ragazzi come me, ricordate che ho il diritto di sbagliare, perdere non è una tragedia, state sereni...».



Ripetiamo l’ovvio, quindi: la violenza e le botte sono solo illuminanti prevalenze di scemi e cretini. Tanto nessuno s’offende: chi non sa leggere fino a questa riga non ci arriverà mai. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero