PERUGIA - Il primato della finta lobbying umbra, l’assegnazione degli appalti pubblici favorendo le ditte locali strutturate da solidi vincoli d’amicizia politica,...
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Dalla raccolta dei rifiuti, alla gestione dei parcheggi o dei trasporti, fino alla decisiva cernita dei grani saraceni, nessuna di queste società di (presunti) servizi al cittadino regala soddisfazioni all’ente pubblico che la possiede o ne è socio. Nate dalla diabolica unione dell’ente pubblico (che paga) e le aziende private (che riscuotono) rispondono a contratti stipulati col metodo Nostradamus, traduzione in farabulano di noidiamosolosole.
Un tempo utili per le brame politiche, ormai gli enti pubblici stanno alle partecipate come gli umani all’orchite. Certo, non è stato sempre così, in altri tempi le partecipate, di cui con gioia ora si annuncia l’ingombro, avevano uno scopo: assumere gli uomini e le donne vicini a quella parte pubblica che metteva i soldi e chinava il capo quando si trattava di mettere a disposizione le strutture o sanare i buchi di bilancio. Nel caso della Gesenu, la realtà ha superato la fantasia: ad un certo punto il Comune ha ceduto (regalato) al privato la maggioranza seguendo, molto probabilmente, il protocollo del tso, il trattamento sanitario obbligatorio. Come se nulla (tutto) fosse accaduto, ora la Corte dei Conti alla voce partecipate c’ha fatto un crocione consigliando tutti gli enti a vendere le quote e chiudere le baracche. Quindi: nel caso vi fosse una nuova gara per formare una nuova società pubblico-privata, lasciate perdere. Non partecipate. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero