PERUGIA - Oltre le pistole, le intercettazioni, le impronte, il sangue e la paura, poterono il coraggio di una tonaca e la confessione di un supplizio. Per venti anni intere...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Disarmati di fronte all’arroganza del crimine e la spudorata minaccia di imprimere dolore se non veniva pagato il pizzo, la confessione di una vittima all’orecchio di un prete ha segnato il punto di non ritorno. Perché il religioso davanti all’incubo consumato per decenni nel silenzio della valle di frate Francesco e nella luce candida d’Assisi, non ha avuto dubbi e ha girato quelle parole ai carabinieri. Inutile armarsi, fare convegni, studiare piani e impiegare divise. Senza la collaborazione di un tessuto ancora sano fatto di gente onesta e laboriosa, nessun mitragliatore può fermare il ricatto.
La riprova di questa necessità è emersa nel primo summit interforze voluto dal sottosegretario Bocci: senza la fiducia dei cittadini a poco servono proclami e azioni. Senza la ribellione all’illegalità, c’è un’involontaria complicità decisa dalla paura.
Certo, in agguato ci sono le leggi untuose che magari portano alla cattura dei cattivi, ma raramente garantiscono una loro reclusione prolungata o un loro disinnesco. Fidarsi dello Stato italiano è un atto di fede che va favorito con buoni segnali e qualche supporto in più. Sarebbe importante considerare anche questi estortori zingari al pari dei mafiosi. E non vederli liberi già domani per ripresentarsi di nuovo con la minaccia in mano, più cattivi di prima. Magari grazie proprio a un cavillo legale approvato dallo Stato. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero