Bimbo ucciso, il papà: «Katalina si è resa invisibile per portarmi via Alex»

Bimbo ucciso, il papà: «Katalina si è resa invisibile per portarmi via Alex»
PERUGIA - «È diventata un'altra per non farsi prendere. Ha cambiato taglio e colore di capelli. Si è resa irriconoscibile per fuggire con mio...

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PERUGIA - «È diventata un'altra per non farsi prendere. Ha cambiato taglio e colore di capelli. Si è resa irriconoscibile per fuggire con mio figlio». A parlare è Norbert Juhasz, il papà del piccolo Alex, ucciso a coltellate il primo ottobre a Po' Bandino dalla mamma Katalina Erzsebet Bradacs, secondo la tesi della procura.

Norbert ieri, assistito dal suo legale, l'avvocato Massimiliano Scaringella, è arrivato a Perugia per incontrare il sostituto procuratore Manuela Comodi per raccontarle gli ultimi tre anni e mezzo della sua vita, dall'incontro e la breve relazione con Katalina, fino alla nascita di quel «figlio non voluto» (come ammesso dalla donna su Facebook), per arrivare all'immagine del corpo straziato di Alex ricevuta per messaggio il primo ottobre. Tutti i passaggi dell'orrore e del suo essere inerme davanti all'abisso che si è aperto in quella vecchia centrale a mille e cento chilometri dalla loro casa a Budapest.
Giacca e cravatta nera, sguardo sempre rivolto all'asfalto, Norbert Juhasz, è apparso affranto, disperato. Senza forze. «È stata dura, molto dura. Per tutti», confermerà l'avvocato Scaringella alla fine delle tre ore di incontro con gli inquirenti. «Lo scopo di questo confronto – ha spiegato il legale di Juhasz – era di coadiuvare la procura a ricostruire l'antefatto di quanto accaduto, da parte nostra assolutamente lineare. Quindi l'iniziale affidamento alla mamma, poi il periodo di alienazione genitoriale, in cui Norbert non riusciva mai a vedere Alex, fino al cambio, lento ma deciso, del tribunale che dopo la visita degli assistenti sociali ha stabilito che il bambino dovesse andare a vivere con il papà».
La sentenza, riportata su queste colonne, è del 20 settembre: era «immediatamente esecutiva», ma il 22 quando Norbert non trova nessuno a casa, capisce che l'ex compagna è scappata. La polizia ungherese registra a denuncia il 28, ma – come anticipato – solo con un mandato di ricerca nazionale. Se fosse stato fatto internazionale, visto il sospetto che Katalina fosse uscita dall'Ungheria, forse Alex si sarebbe potuto salvare, considerando che la donna e il bambino il giorno prima dell'omicidio erano stati fermati per un controllo dai carabinieri di Chiusi, dopo l'allerta di un negoziante che aveva notato la donna strattonare il piccolo con troppa violenza. Trovata anche con un coltello, fu mandata via, ma se la sua foto e la sua storia fossero stati noti, forse – e sempre che la sua colpevolezza venisse provata definitivamente – Alex a quest'ora giocherebbe con il papà come stabilito dal tribunale centrale di Budapest e la mamma lo vedrebbe per sei ore al mese sotto la supervisione del personale di una residenza protetta.
Invece, già dai primi di settembre, sembra subito la visita degli assistenti sociali, Katalina cambia aspetto. Un colpo di forbici ai suoi lunghi capelli biondi e la tinta ramata con cui, però, si era fatta notare su Facebook. E proprio attraverso i social e la geolocalizzazione in Italia, Norbert ha scoperto quanto fosse lontano il suo bambino. Fino a quell'immagine tremenda che gli ha spento per sempre il sorriso. E che, dopo averle viste su internet, gli inquirenti contano di trovare – come prova definitiva – all'interno del cellulare sequestrato a Katalina, da cui (secondo il racconto di familiari e amici) sarebbero partite subito dopo la morte del bambino.


Resta solo da capire – mentre Katalina si professa ancora innocente – se ci possano essere ulteriori responsabilità da individuare e accertare, magari di qualcuno che l'abbia potuta aiutare nella fuga quando invece avrebbe dovuto fermarla. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero