La piogga di certificati medici è diventata una tempesta: il 19 marzo in Ast mancavano circa 500 operai e quindi l'azienda ha deciso di attivare la cassa integrazione...
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In mattinata era già partita da parte delle segreterie territoriali dei metalmeccanici la richiesta di esame congiunto della procedura.«In una condizione di eccessiva difficoltá, di paura e di grande rabbia per l’impotenza che si prova di fronte ad una pandemia per ora difficilmente arrestabile – hanno scritto le rsu -, lavorare è veramente complicato. E lo è ancora di più quando si ha la percezione di subire diverse provocazioni da chi in azienda è ai vertici e comodamente da casa ci dice che possiamo stare tranquilli e lavorare serenamente. E lo è ancora di più, quando si ha la consapevolezza che l’area a caldo per diverse legittime ragioni è ferma da giorni e lo sarà almeno fino a venerdi, producendo nei prossimi giorni un inevitabile scarico delle linee dei freddi e, nel contempo, si ricerca strumentalmente con una serie di azioni probabilmente programmate, il contrasto sindacale e le iniziative di mobilitazione». Il comunicato fa evidente riferimento alla lettera in cui l'ad Massimiliano Burelli aveva ringraziato i dipendenti per l'impegno e aveva assicurato sulla correttezza delle modalità con cui veniva svolto il lavoro in fa e sulle precauzioni prese per permettere agli operai di lavorare in sicurezza. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero