«Più rischi da api e vespe che dal morso di una vipera». Il primario del Pronto soccorso di Perugia dopo il caso del bimbo di 4 anni salvato dal siero

Il dottor Paolo Groff primario del Prono soccorso all'ospedale di Perugia
«Il morso di vipera? Un evento raro e di relativa gravità. Molti più pericoli arrivano, per una questione legata al numero degli eventi, da una puntura di ape...

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«Il morso di vipera? Un evento raro e di relativa gravità. Molti più pericoli arrivano, per una questione legata al numero degli eventi, da una puntura di ape o di vespa». L’analisi è del dottor Paolo Groff, direttore del Dipartimento emergenza-urgenza e primario del Pronto Soccorso dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Il caso del bimbo di Gualdo Cattaneo morso da una vipera riporta l’attenzione sui rischi dell’estate.


«Il morso di vipera-spiega il dottor Groff- è un evento raro. Se in Italia ce ne sono dai duecento ai trecento l’anno, un Pronto soccorso come il nostro tratta due o tre casi. In linea di massima il morso di vipera è un evento di gravità relativa». Il veleno della vipera, ricorda Groff, è velenoso come quello del Cobra. La differenza sta nella scarsa produzione della dose letale che è pari a ottanta milligrammi per un chilo di peso corporeo. In genere la produzione è di dieci volte inferiore. «Può essere letale-sottolinea Groff- relativamente al peso e quindi per i bambini e nell’adulto se ci sono situazioni mediche particolari come le cardiopatie».
I CONSIGLI
Se si è morsi da una vipera, come bisogna comportarsi? Groff smonta tanti luoghi comuni e raccomanda un decalogo molto semplice da seguire. «Innanzitutto-spiega il direttore-stare calmi. Più bassa è la frequenza cardiaca e meno il veleno viene diffuso nel corpo. Si deve stare fermi, non correre. Meglio sdraiarsi. E chiedere aiuto al 112. Il consiglio è di fare escursioni in coppia. C’è tutto il tempo per arrivare in ospedale o per avere un medico a fianco perché gli effetti, in linea di massima, compaiono, entro una o due ore dal morso».
Ci sono comportamenti corretti e comportamenti sbagliati di fronte a quel tipo di ferita. «Innanzitutto- spiega Groff- la ferita non va incisa, nè si deve succhiare la ferita per togliere il veleno, né usare un laccio emostatico. Quelli, se mi passate il termine, sono comportamenti da film western. Si consiglia, invece, una fasciatura molto leggera che non impedisca l’accesso arterioso alla parte ferita. Prima di fasciarla è bene lavare con acqua. Non usare disinfettanti alcolici. E non autosomministrarsi il siero. Ci può essere uno choc anafilattico. Il siero va somministrato in ospedale per via venosa. Si va in ospedale e si fa quando serve. Per i bambini, i soggetti deboli che possono avere rischi e patologie. È logico che ci sarà un’osservazione tra le 24 e 48 ore. Verranno ripetuti analisi del sangue, verificate le funzionalità renali e la coagulazione. E ci sarà una immunoprofilassi antitetanica».
Il periodo più a rischio per l’incontro ravvicinato con una vipera va da aprile a ottobre. E proprio ad aprile a Perugia è stato gestito il primo caso dell’anno.
GLI INSETTI
Diverso il ragionamento per quanto riguarda gli insetti Ancora Groff: «Le punture di vespe e api sono, paradossalmente più pericolose del morso di vipera perché sono eventi molto più frequenti anche se banali. Però possono avere reazioni avverse. Iniettano una sostanza urticante che produce dolore e, in genere alle nostre latitudini, causano una reazione cutanea nel punto di puntura, arrossamento, prurito e dolore». In caso di puntura va subito raffreddata con del ghiaccio e si può usare pomata con antistaminici e cortisone. Se la puntura crea effetti importanti si deve andare al Pronto soccorso per una somministrazione in via iniettiva.
«In un numero raro ma significativo di casi-spiega Groff- il veleno dell’imenottero crea la sensibilizzazione nel paziente. Cioè una successiva puntura può creare uno choc anafilattico e per pochi pazienti, lo choc può diventare mortale. Il rischio riguarda pazienti che sviluppano allergie e con i test allergologici si può capire la propria condizione. In caso di rischio è opportuno, quando ci si espone all’aperto, di usare sostanze repellenti e munirsi di una penna di adrenalina che in caso di necessità si può assumere anche con un’autoiniezione sulla coscia». I sintomi dello choc sono legati alla comparsa di un eritema generalizzato, si gonfiano mani, piedi e labbra e si hanno difficoltà respiratorie e a stare in piedi. In questi casi si deve agire con i medicinali nel giro di pochi minuti per evitare lo choc».
IL RAGNO VIOLINO

Tra i rischi, stavolta non all’aperto ma addirittura in casa, c’è quello di essere morsi dal ragno violino. «Che vive- ricorda Groff- in anfratti dei muri di casa o dove sono accatastati i tessuti. È schivo, sfugge al contatto con l’uomo e aggredisce solo se stimolato accidentalmente». L’effetto del suo veleno è ritardato di molte ore, anche di 48. «Si tratta- spiega Groff- di lesioni cutanee e dolore. E reazioni allergiche gravi per i soggetti predisposti a reazioni di tipo cardiaco. Esaminiamo uno o due casi l’anno. Se si ha la certezza di essere morsi dal ragno violino va fatta una foto con telefonino o se è stato ucciso va portato in ospedale per mostrarlo ai medici. Ha caratteristiche morfologiche che lo rendono inconfondibile: ha sei occhi invece che otto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero