Perugia, Alex morto a 17 anni dopo le chemio: la perizia scagiona i medici indagati

Sono indagati otto professionisti del Santa Maria della Misericordia

Perugia, Alex morto a 17 anni dopo le chemio: la perizia scagiona i medici indagati
Secondo i periti del giudice Angela Avila incaricati di indagare sulla morte del 17enne Alex Mazzoni, deceduto l’11 marzo 2020 all’ospedale di Perugia dopo alcuni...

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Secondo i periti del giudice Angela Avila incaricati di indagare sulla morte del 17enne Alex Mazzoni, deceduto l’11 marzo 2020 all’ospedale di Perugia dopo alcuni cicli di chemioterapia, «la condotta dei sanitari ematologi che ebbero in cura il giovane risulta esente da criticità sia nel corso dell’iter diagnostico che terapeutico della patologia di base che delle complicanze». «Non si ravvisano - si legge nella relazione del medico legale Beatrice Defraia, dell’ematologo Alberto Bosi e del chirurgo Paolo Fabbrucci - profili di imperizia, imprudenza o negligenza nel corso del travagliato percorso clinico del paziente, affetto da patologia tumorale maligna con fattori prognostici negativi e portatore anche di malformazione congenita vascolare intestinale pre-esistente e misconosciute sino all’episodio terminale».

La consulenza di 144 pagine mette la strada in discesa agli otto medici del Santa Maria della Misericordia indagati per omicidio colposo (tutti difesi dagli avvocati Giancarlo Viti e Gianni Zurino), gli stessi professionisti per i quali nel marzo 2021 era stata avanzata richiesta di archiviazione prima che la famiglia del giovane tornasse alla carica chiedendo la riapertura del caso. «Dinanzi al perdurare del sanguinamento e all’aggravamento delle condizioni generali del paziente - scrivono gli esperti - nonostante le idonee terapie di supporto messe in atto, i sanitari sempre soppesando il rapporto rischio beneficio di un eventuale intervento di chirurgia addominale maggiore, gravato da un elevatissimo tasso di mortalità in particolare per l’assetto emocoagulativo, adottarono la strategia terapeutica meno invasiva e potenzialmente risolutiva ossia l’embolizzazione del ramo arterioso sanguinante, che nell’immediato apparve risolutiva, salvo poi comparire improvvisamente a ematemesi e rettorragia massiva che lo condussero rapidamente al decesso».

«Non è possibile stabilire con certezza se la causa dell’emorragia letale del giovane Mazzoni siano state le ulcere chemioindotte, l’angiodisplasia o entrambe - ammettono i professionisti -. Non è comunque possibile asserire, sulla base delle evidenze scientifiche analizzate, che i sanitari dovessero adottare delle strategie terapeutiche diverse rispetto a quelle messe in atto e che quindi un dilazionamento della chemioterapia, ovvero una diversa strategia terapeutica, avrebbe con certezza evitato il decesso di Alex. Sussistono rilevanti dubbi circa l’eziopatogenesi univoca del sanguinamento che ha determinato l’evento morte – si legge ancora nella relazione – ma non è possibile asserire al di là di ogni ragionevole dubbio che una condotta diversa avrebbe scongiurato l’exitus del paziente e che quest’ultimo sia certamente riconducibile alla chemioterapia».

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Il Messaggero