Addio al caffè Bugatti, i commercianti: «La fine della movida con la morte del Verdi»

Addio al caffè Bugatti, i commercianti: «La fine della movida con la morte del Verdi»
La notizia della chiusura del Caffè Bugatti non cade nel vuoto. E a quattro settimane dalla fine (il 22 marzo) si apre il dibattito sul valore dei luoghi della città...

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La notizia della chiusura del Caffè Bugatti non cade nel vuoto. E a quattro settimane dalla fine (il 22 marzo) si apre il dibattito sul valore dei luoghi della città che producono cultura e che sembrano destinati a scomparire. «La città ha cominciato a morire quando ha chiuso il Verdi», si leva un coro unanime. E' vero. L'inizio dell'agonia culturale avviene nove anni fa quando chiude il teatro. Solo che invece di pensare a come fare per riaprirlo al più presto, si è assistito ad una guerra di bande ideologiche. Come dire che avere un teatro non è una priorità. Piuttosto lo diventa la guerra tra progetti». Da nove anni di fatto manca quel motore della cultura che porta mille persone in centro in una sola sera. Più o meno quante ne porta un evento cittadino promosso di tanto in tanto. «Il teatro alla Scala - spiega Tommaso Onofri - è stata la prima operazione di rinascita del dopoguerra, a Milano. Prima ancora di costruire le case operaie si è pensato di riaprire il teatro». Tommaso Onofri, da vent'anni anni titolare insieme ad Irene Loesch della società proprietaria del brand e della licenza del Caffè Bugatti, racconta come è cambiata la città negli ultimi anni. Tanto da decidere di chiudere proprio perché «non ci sono più le condizioni per andare avanti mantenendo le caratteristiche che hanno fatto nascere il Bugatti».

«Quando lo abbiamo comprato nel 2000 da Max Di Pietro e dal gruppo che ha creato i locali della movida ternana, con una proposta culturale precisa, con quello stile bistrò dove la musica diventa atmosfera, attraeva gente da fuori regione. Adesso non arriva più nessuno a Terni». Daniele Stellati, direttore di Confesercenti, lo chiama il Caffè letterario e non Caffè Bugatti, «perché di fatto è sempre stato questo, un luogo dove si parla di letteratura, si ascolta musica e si fa teatro». «Se chiude il Bugatti dichiara Stellati - se ne va un altro pezzo di storia della città. Ma capisco che un locale così caratterizzato stona in mezzo a tanti distributori automatici di bevande».

Già, i distributori di bevande. Hanno preso il posto di boutique storiche come Barbetti in Corso Tacito. «Negli ultimi anni il centro è cambiato. L'offerta si è modificata. E il commercio risente della crisi più che nelle altre parti della città». Serve una programmazione di eventi continua, a sostegno dei piccoli negozi. Allora perché sono restati chiusi proprio il 14? «Non si può chiedere ad un commerciante di pagare lo straordinario alle commesse se gira sempre la stessa gente. Questi eventi, così come sono pensati, non muovono flussi nuovi». «I negozi sono restati chiusi il giorno di San Valentino perché non avevano aspettative di vendita» spiega con semplicità Stellati. Per lui anche il fatto che il programma degli eventi valentiniani sia stato divulgato tardi, non ha fatto muovere i flussi turistici. «L'ipotesi di spostare il mercatino del mercoledì alla Passeggiata vivacizzerà il centro e farà da attrattore».
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Il Messaggero