Marco Bianchi, lo chef tv rivela: «Ho detto a mia moglie e a mia figlia che sono gay»

Lo chef Marco Bianchi: «Ho detto a mia moglie che sono gay mentre la bimba dormiva»
«Una sera, mentre la bimba dormiva, ho detto a mia moglie “sono omosessuale"». Marco Bianchi, food mentor e divulgatore scientifico per la Fondazione...

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«Una sera, mentre la bimba dormiva, ho detto a mia moglie “sono omosessuale"». Marco Bianchi, food mentor e divulgatore scientifico per la Fondazione Veronesi, fa coming out e racconta il momento in cui ha rivelato alla madre di sua figlia di essere gay e di provare sentimenti per Luca Guidara, influencer e «coach dell’ordine». Cuoco salutista al timone di alcuni programmi tv e di progetti alimentari, è una vera e propria star del "mangiar sano".


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Dichiarare la sua omosessualità lo ha portato a una svolta, ma il 40enne  ammette di aver raggiunto piena consapevolezza del suo orientamento sessuale soltanto dopo aver raggiunto alcuni traguardi importanti. «Sono sempre stato gay, però solo ora l'ho capito», ha rivelato in un’intervista al "Corriere della Sera". «Esiste un cerchio della sicurezza che conquisti quando hai messo insieme tutti i tuoi pezzettini di vita: l’acquisto di casa, un lavoro sicuro, il matrimonio, l’arrivo di un figlio... Allora, emerge una forza con la quale puoi buttare giù un muro o, finalmente, ammettere di essere omosessuale. Io ho capito che il Marco Bianchi etero che mi hanno fatto credere di essere non era quello vero».


«Ho detto a mia moglie Veruska che stavo bene con lei come amico, perché quello che va oltre, probabilmente, lo sentivo con un uomo». A quel punto lei lo ha abbracciato forte e insieme hanno deciso di dire la verità alla loro bambina di quattro anni. «Dopo aver consultato alcuni esperti, abbiamo deciso di dirlo anche a nostra figlia. Le ho raccontato la verità, che voglio tanto bene a mamma, ma il mio cuore batte più forte con Luca. Lei ha accettato la cosa con naturalezza, è una bambina straordinaria: dopo un primo incontro finto-casuale, si sono visti per un gelato, una pizza, e ora è anche il “suo” Luca».


Ed è così che è iniziata la sua nuova vita. La realtà era lì, ma era difficile da lasciare affiorare: «Sentivo di provare affetto per i maschietti ma non potevo discuterne nella mia famiglia, fortemente cattolica e priva di strumenti. Ricordo quando mio papà inneggiava a un documento contro l’omosessualità della Congregazione della fede, quando mia mamma chiamava “poverino” l’amico gay di mia sorella o rispondeva alla vicina che giocavo con le bambole perché mi piacevano le bambine... Cosa potevo capire? Pensavo che essere gay fosse la cosa più brutta del mondo».

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Il Messaggero