Vega C, missione compiuta al primo lancio: 7 satelliti in orbita, un altro successo storico per Avio

dal nostro inviato KOUROU (GUYANA FRANCESE)  “Fratelli d’Italia” riecheggia ancora nella giungla amazzonica: i tecnici di Avio sventolano le bandiere...

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dal nostro inviato

KOUROU (GUYANA FRANCESE)  “Fratelli d’Italia” riecheggia ancora nella giungla amazzonica: i tecnici di Avio sventolano le bandiere tricolori e quelle dell’azienda di Colleferro. Il lanciatore di satelliti Vega C è decollato con un boato fra la bruma di un acquazzone tropicale dallo spazioporto europeo di Kourou (Guyana Francese) e ha scodellato in orbita sette satelliti con la precisione di un chirurgo.

Doveva scalare il cielo dalle 13.13 (ora italiana di ieri, 13 luglio, le 8.13 in Guyana) ma per due volte, a 90 secondi dal lancio, i computer hanno fatto scattare il “rouge” segnalando in automatico anomalie in una batteria, un’inezia da +0.3 ampere subito individuata e riallineata dai tecnici di Avio dalle coronarie fortissime. Poi però ci si è messo anche il temuto “gabarit” al quale quell’aggiustamento fatto in corsa non risultava.

Chi è il “gabarit”? Sta a significare “giusta traiettoria” ed è impersonificato da un tale, un francese del Cnes (Centres national d’etudes spaciales) ovvero l’effettivo padrone di casa allo spazioporto, che durante i lanci ha un solo compito: tenere un dito su un bottone rosso. Se, a suo indiscutibile parere (sta persino in una stanza da solo per evitare i giudizi altrui) c’è qualcosa che non va dopo il decollo, lui pigia il bottone e il razzo da 40 milioni di euro esplode perché altrimenti, viaggiando a oltre 28mila chilometri orari, potrebbe raggiungere in fretta qualche zona abitata. Certo una soluzione drastica per una bagattella come quella batteria lievemente sovraccarica, ma ai tecnici di Avio non restava che sudare freddo, ripensare al consueto cero acceso in una piccola chiesa locale e lavorare a tutta velocità per ricalibrare quei dati. Fatto. 


AUTODISTRUZIONE
Al terzo riavvio del conto alla rovescia, ovvero all’ultimo secondo della “finestra di lancio” di due ore, Vega C si è alzato scaricando a terra fiammate da 1.500 gradi: un potente bagliore che ha squarciato la nebbia e che ha accompagnato il razzo fino a sopra le nubi plumbee che sfioravano la foresta verde smeraldo.

Dopo 40 secondi il fragore del decollo ha investito a 14 chilometri di distanza la terrazza della sala di controllo Jupiter dalla quale Vittorio Colao si è preso in faccia, come tutti, una bella razione di pioggia tiepida: è la prima volta che un ministro italiano sorvola l’Atlantico fino all’ex bagno penale francese (ricordate Papillon?) per capire che cosa c’è dietro i primati di Avio e del comparto aerospaziale italiano. Bisogna sapere che nel campo della missilistica viene considerato accettabile il fallimento del 50, anzi pure del 60% dei primi lanci dei nuovi razzi, macchine favolosamente complesse. Pensate solo ai razzi sfasciati da Elon Musk prima di realizzare una missione completa.

Beh, Avio nel 2012 ha lanciato sempre da Kourou il debuttante Vega: un successo diventato poi persino storico e mondiale perché il piccolo lanciatore ha infilato in maniera immacolata le prime 14 missioni. Assolutamente unico. Dieci anni dopo Avio si ripresenta a Kourou con Vega C, dove C sta per Consolidation. Un fratello maggiore di Vega alto 35 metri (5 di più) e in grado di trasportare 2.2 tonnellate di satelliti invece di 1.5 tonnellate, ma sempre allo stesso prezzo. Un miracolo di tecnica e di business nel momento in cui la new space economy mondiale reclama disperatamente lanciatori per portare in cielo costellazioni anche di 12mila satelliti: sempre Musk con Starlink, ma c’è anche Bezos di Amazon con Kuiper, altri 8mila satelliti.

Allora: primo lancio (maiden flight) anche per Vega C e anche questa volta subito un trionfo. I numeri non mentono: a Colleferro sanno fare come nessun altro i razzi commissionati dall’Agenzia spaziale europea e con il coordinamento dell’Agenzia spaziale italiana.

Grazie alla famiglia di razzi Vega, l’Italia resta saldamente fra i 7 paesi al mondo in grado di accedere direttamente allo spazio: i primi tre sono Stati Uniti, Russia e Cina. Verso la fine della missione di 2 ore e 15 minuti, il quarto stadio Avum Plus ha lasciato elegantemente in orbita a 5813 chilometri di quota (altro record di giornata) il satellite passivo italiano Lares 2 definito Disco Ball (la palla con gli specchietti delle discoteche) a dispetto dei compiti che l’aspettano, ovvero, fra l’altro, approfondire gli studi della teoria della Relatività di Einstein. Spettacolari le immagini della grande sfera luccicante scagliata come una palla da bowling. Poco dopo, a quota più bassa, il rilascio dei sei cubesat (cubi dallo spigolo di 10 centimetri, un chilo il peso) fra cui Astrobio e Greencube, realizzati per l’Asi da Inaf e Sapienza e sempre destinati alla ricerca scientifica.


L’APPLAUSO
Un ultimo liberatorio applauso con cori da stadio ha scosso la sala di controllo: l’ad di Avio, Giulio Ranzo, e l’ingegnere Ettore Scardecchia si sono abbracciati, occhi lucidi, via finalmente la tensione di 10 anni di lavoro. E ancora, come nel 2012, sotto gli occhi dei francesi amici, alleati e padroni di casa, si è risentito l’Inno di Mameli cantato dal centinaio di “trasfertisti” da Colleferro. Avio è un’impresa privata, quotata in Borsa, in cui manager come Giulio Ranzo e altri hanno messo capitali e faccia senza poter contare su alcun paracadute sia pure in un’attività così esposta ad alti rischi finanziari e con una concorrenza che spaventa.

«Abbiamo ordini di acquisto per i prossimi 2 o 3 anni - ha detto Ranzo - Un successo per l’intero settore spaziale italiano frutto del nostro lavoro in collaborazione con Esa, Asi e Cnes. Oggi queste competenze si rinnovano e si aprono anche opportunità per i giovani: lavoro, studio e crescita».

E Vittorio Colao: «Una grande emozione e un grande orgoglio per l’Italia. Vega C è anche un punto di ripartenza: grazie ai fondi del Pnrr e a un tessuto industriale nazionale che vanta una completa competenza di sistema, il governo italiano è al lavoro per progredire nello sviluppo dei prossimi modelli di Vega e di altri lanciatori con significativi investimenti nelle tecnologie di propulsione liquida e di riusabilità».


Paolo Ricci Bitti
 

 

 

Lo spazioporto

A Kourou sembra di essere tornati indietro nel tempo fino al 2012, alla vigilia del primo lancio del razzo Vega (Vettore europeo di generazione avanzata). Lo spazioporto di 100mila ettari strappati al muro verde della foresta tropicale è definito “europeo”, ma si capisce subito – allora come oggi - che ci si trova in casa dei francesi che vanno accontentati anche se pretendono che gli “ospiti” mettano le pattine sul loro territorio di oltremare. Ma c'è un modo infallibile per non rompere l'etichetta con gli amici ed alleati francesi che affidano la difesa dello spazioporto ai massicci legionari: fare come e meglio di loro. E Vega, progettato e costruito al 70 per cento dall'Avio a Colleferro per conto dell'Agenzia spaziale europea, l'ha fatto infilando con successo le prime 14 missioni consecutive (record mondiale) e completando 18 missioni su 20 (altro record). Adesso è il turno del fratello maggiore, Vega C, alto 35 metri (5 in più di Vega) e capace di issare in orbita, anzi, in più orbite, fino a 2,2 tonnellate di satelliti (una in più del fratello minore) e per di più, e soprattutto, mantenendo invariati i costi. Un razzo lanciasatelliti che ha già 7 lanci prenotati e altri 7 in trattativa e che si mette in prima linea nel mercato mondiale dei lanciatori attraversato da un enorme boom di richieste anche perché il nostro modo di vivere attuale non sarebbe più replicabile senza le informazioni fornite dai satelliti.

 

“Vega C - ha ricordato l'ad di Avio, Giulio Ranzo, nella sala di controllo Jupiter, può accogliere il 90% dei tipi di satelliti, mentre Vega si fermava al 50%”. E anche Vega C (C sta per Consolidation) resta un esempio virtuoso di collaborazione internazionale”.

 

L'Italia, anche per Vega C, è capofila del progetto dell'Esa che coinvolge Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Spagna, Svezia e Svizzera. Le squadre al lavoro dalla progettazione alla realizzazione sono 24 e inoltre vi sono fornitori di ulteriori nazioni come ad esempio l'Ucraina che firma il motore del quarto stadio, l'Avum, l'unico a carburante liquido che consente più accensioni (“spari”, termine usato anche per i fuochi di artificio). Al momento Avio ha in deposito alcuni di questi motori, con la speranza che il conflitto termini al più presto.

 

Il coordinamento è affidato all'Agenzia spaziale italiana con Avio che realizza a Colleferro il 70 per cento del lanciatore.

 

 

La missione

Per il suo volo di qualifica (Maiden flight) che durera 2 ore e 15 minuti (ma i primi tre stadi a carburante solido fanno il loro lavoro in poco meno di sei minuti).

 

L'unico comando impartibile: l'autodistruzione

Una volta impartito il comando di accensioone decollato, Vega C deve fare tutto solo, anche le plurime accensioni del quarto stadio, anche perché non sarebbe facile fornire tempestivi ed efficaci comandi a una “macchina” che vola a 28.800 chilometri orari. Da terra gli si può impartire un solo comando: l'autodistruzione. In una sala riservata del centro di controllo Jupiter c'è un tecnico del Centres national d'etudes spaciales (Cnes, l'agenzia spaziiale francese padrona di casa nello spazioporto) che ha il compito di seguire la “nominalità” (regolarità) della traiettoria di Vega C: se il razzo sgarra anche di pochissimo viene premuto il pulsante rosso perché a quella velocità il missile può raggiungere zone, abitate o meno, molto lontane.

Le bandierine viola

Proprio la necessità di rendere perfetto Vega C per consentirgli di volare in piena autonomia ha spinto i tecnici a studiare sistemi ridondanti di controllo e di verifica delle millanta fasi di assemblamento. Ogni volta che viene completata un'operazione viene meticolosamente staccata la bandierina viola ad essa assegnata. Se alla fine restano bandierine vuole dire che bisogna controllare quella determinata operazione. Un po' come se resta in mano una vite quando si è montato un mobile dell'Ikea: qualche passaggio delle istruzioni non è stato evidentemente seguito con attenzione. Stessa cosa, un filo più complicato, con le oltre 150 bandierine viola impiegate per Vega C.

Disco Ball

Il razzo Vega C ha un carico in gran parte italiano in cui spicca il satellite scientifico Lares 2, dell'Agenzia Spaziale Italiana. Anche 10 anni fa il il primo volo di Vega decollò con il satellite Lares. Ora siamo al Lares 2 (LAser RElativity Satellite 2) è stato concepito e progettato dal team scientifico del Centro Fermi e La Sapienza Università di Roma e stato realizzato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Fra gli scienziati coinvolti Paolo Bellomi, Richard Matzner, Ignazio Ciofolini (Centro Fermi di Roma), Antonio Paolozzi e Vahagn Gurzadyan. Lares 2 E' una sfera in lega di nickel ad alta densità dalla massa di 300 chilogrammi sulla quale 303 retroriflettori (ricorde le sfere tutte di specchietti appese ai soffitti delle discoteche) che permetteranno di tracciare la sua orbita con grande accuratezza: i dati permetteranno di verificare sperimentalmente alcuni aspetti della relatività previsti da Einstein e di eseguire misure di geodesia spaziale attraverso il Centro Spaziale dell'Asi ai Matera. Il Sistema Lares 2 è stato sviluppato da OHB Italia, sotto la guida e il coordinamento dell'Asi. Da terra vengono, in altre parole, inviati segnali che verranno riflessi dai retroriflettori: calcolando, in andata e ritorno, i tempi dei segnali, è possibile effettuare una vasta parure di esperimenti. Lares 2 verrà portato molto in alto (6mila chilometri) rispetto alle orbite basse dei satelliti finora agganciati al cielo da Vega quasi sempre sotto i mille chilometri di quota

I Cubesat

Vega-C rilascerà inoltre in orbita, più in basso di Lares 2, sei cubesat (cubi di 10 centimetri di spigolo pesanti al massimo un chilogramma) selezionati dall'Agenzia Spaziale Europea e realizzati da università e centri di ricerca europei, tra cui anche gli italiani Astrobio (realizzato da Inaf, Sapienza Università di Roma e dalla Scuola di Ingegneria Aerospaziale della Sapienza), un cubesat che ospita un laboratorio miniaturizzato basato su un'innovativa tecnologia che eseguirà autonomamente esperimenti bioanalitici nello spazio, con una serie di potenziali applicazioni in missioni di esplorazione planetaria sia umana che robotica; GreenCube (realizzato da Sapienza Università di Roma), promossi e guidati nello sviluppo dall'ASI, e Alpha di ArcaDynamics. Gli altri tre cubesat sono: Trisat-R dell'Università di Maribor (Slovenia) e MTCube-2 e Celesta entrambi dell'Università di Montpellier (Francia).

Paolo Ricci Bitti

 

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Il Messaggero