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LA FINE DI UN LADRO
È l'Indiana Jones dei videogiochi. O, se preferite, la versione maschile di Lara Croft. Nathan Drake è infatti il protagonista di Uncharted, serie videoludica che è un misto di esplorazione e sparatutto. Una serie che va avanti dal 2007 e il cui quarto e ultimo capitolo è uscito il 10 maggio in esclusiva per PlayStation 4. "Uncharted 4: Fine di un ladro", sviluppato da Naughty Dog (lo stesso studio che aveva dato vita al capolavoro "The last of us") per Sony Computer Entertainment, è infatti l'ultima avventura di Nathan, accompagnato per l'occasione dal fratello Sam e dall'amico di vecchia data Sully. Con loro il protagonista decide di lasciare la sua vita tranquilla (dopo mille peripezie si era sposato e aveva accettato un lavoro "normale") per lanciarsi alla ricerca dell'immenso tesoro di Henry Avery, il "re dei pirati". Un'avventura che lo porterà, come di consueto, a viaggiare in diversi scenari, dalla Scozia al Madagascar passando appunto per il nostro Paese.
«L'Italia è una perfetta combinazione di storia, architettura e bellezza - ci spiega Arne Meyer, direttore della Comunicazione di Naughty Dog - era una location ideale per Uncharted». A maggior ragione che Nathan non c'era mai stato prima, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, dalla Colombia alla Turchia, fino al Nepal, alla Siria e allo Yemen. D'altronde un videogioco monumentale come Uncharted non poteva terminare prima di fare un passaggio nella patria di Dante. Il che è confermato dal fatto che Sony ha scelto proprio l'Italia o ancor meglio Roma per presentare ufficialmente il suo nuovo gioiello videoludico: il castello Orsini a Nerola per un giorno si è trasformato nel set dell'ultimo atto di uno dei più bei giochi di avventura mai realizzati.
Dire che Uncharted 4 sia un videogame ben confezionato è semplicemente riduttivo: la cura della grafica, delle scene e della trama lo rendono probabilmente l'esempio più riuscito di videogioco per console di nuova generazione. Un misto perfetto di azione, esplorazione, sparatutto e narrativa, condito da un'estetica di altissimo livello. «Ci siamo concentrati molto sui dettagli - racconta Meyer - volevamo che il giocatore avesse l'esperienza più realistica possibile, anche attraverso l'interazione fedele con l'ambiente». Una missione decisamente riuscita, anche grazie a una colonna sonora azzeccata. Uncharted 4 è una di quelle avventure videoludiche in grado di dare le stesse emozioni dei libri: come in un romanzo di Stevenson, non si vede l'ora di tornare a casa per potercisi rituffare dentro e andare avanti, risolvere un altro enigma, scoprire una nuova traccia. Un'avventura da vivere tutta d'un fiato, senza riflettere troppo ma lasciandosi trascinare dagli eventi e dalla trama, in una grande e affascinante caccia al tesoro che è talmente divertente da sembrare sempre che sia durata troppo poco. Anche se dura da dieci anni.
«È stato un lungo viaggio che ci ha portato a conoscere Nathan anche da un punto di vista emozionale. Siamo cresciuti insieme a lui - dice un po' emozionato Meyer - e da una parte ci dispiace che sia finita. Ma la tristezza è compensata dalla consapevolezza che è finita bene, nel giusto modo, come doveva finire. E credo che questo i giocatori lo capiranno». Meglio quindi concentrarsi sul finale che sul modo di tirare per le lunghe una storia fino a farle perdere l'anima. D'altronde è l'unico modo per trasformare un finale in un gran finale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero