Tetraplegico esplora il mondo con un drone e un paio di Google glass

La storia di Stuart Turner
Neanche la diagnosi di spina bifida, che lo costringe su una sedia a rotelle, ha fermato la curiosità e l’intraprendenza di Stuart Turner. Stuart ha 36 anni, è originario...

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Neanche la diagnosi di spina bifida, che lo costringe su una sedia a rotelle, ha fermato la curiosità e l’intraprendenza di Stuart Turner. Stuart ha 36 anni, è originario dello Yorkshire ed è tetraplegico. Ma è soprattutto un esperto di informatica che si è costruito un drone su misura in collaborazione con gli scienziati della Brown University, perché possa esplorare il mondo per lui. Come lo controlla? Dalla camera da letto, attraverso i movimenti della testa e con i Google Glass.




La tecnologia è sempre stata più che una fissa per Stuart. La sua bio su twitter recita così: finto hacker e vero conducente di

carrozzina. Studiava informatica all’università ma ha dovuto abbandonare dopo aver l’esito dei referti medici che oltre alla spina bifida gli hanno diagnosticato anche disturbi alla colonna vertebrale e la malformazione di Chiari. I bollettini si sono tradotti nella perdita progressiva e completa dell’uso di braccia e gambe. Sarebbe stata una vita di reclusione e immobilità se Stuart non avesse architettato il sistema per far attraversare gli ostacoli al suo sguardo, solo apparentemente condannato alle orbite domestiche.

Ora Stuart è un consulente sui temi dell'accessibilità, testa software per Apple, sistemi di sicurezza aziendali e cerca ogni giorno di superare la disabilità fisica.

Il sistema che ha creato è composto da un drone Parrot AR dotato di lame rotanti (vi ricorda qualcuno?) e da una videocamera. E’ ancora un progetto in fase beta, è bene ricordarlo, ma sta accendendo enormi speranze. Il drone è collegato ai Google Glass che sembrano già vecchi per la vivace immaginazione di Stuart che pensa già a un casco che offra una visione tridimensionale ai viaggi del drone.



Ma un drone non è un essere umano, direte voi, e Stuart lo sa per questo spera “di essere in grado di volare più velocemente, più lontano, più in alto fino a sperimentare il volo in prima persona, che mi libererà veramente da questa sedia a rotelle in un modo che, al momento, non è possibile».



*Le lame rotanti del drone ricordano tantissimo Goldrake. Avreste mai detto che l’equipaggiamento di un robot sarebbe stato preso in prestito da un ordinarissimo supereroe come Stuart?

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Il Messaggero