Space Invaders, il videogame della preistoria analogica, compie 40 anni

Schermata di Space Invaders
Agli albori dei videogames c'era Space Invaders. Sono passati 40 anni da quel giugno 1978 quando la società giapponese, Taito Corporation, iniziò a distribuire...

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Agli albori dei videogames c'era Space Invaders. Sono passati 40 anni da quel giugno 1978 quando la società giapponese, Taito Corporation, iniziò a distribuire nei bar e nelle sale giochi, il primo “sparatutto” della storia. Fu l'inizio di un'epoca. Creato dal giovane sviluppatore Tomohiro Nishikado, in breve tempo, fece il giro del mondo, (in Italia arrivò l'anno successivo) cambiando abitudini e stili di vita dei giovani.


Quei cabinati colorati, con lo schermo incorporato, ed i primi joystick, hanno influenzato la cultura giovanile di quegli anni, sull'onda di un altro fenomeno pop, Star Wars di George Lucas. Chi oggi ha superato i quaranta, non può non ricordare i pomeriggi in coda con le monete in mano, (di solito duecento lire) ad attendere il proprio turno per sparare con un cannone spaziale, contro i pixellati alieni invasori, sempre più veloci.




Oggi è difficile comprendere la rivoluzione di quell'innocuo videogame, ma alla fine degli anni Settanta, Nishikado per creare Space Invaders, dovette occuparsi non solo dell'aspetto grafico e della programmazione, ma anche dell'hardware: una scheda elettronica creata appositamente, abbinata ad una Cpu Intel 8080. In poco tempo, appena tre anni, il gioco portò nelle casse di Taito Corporation, oltre un miliardo di dollari. Un tale successo, che generò una falsa convinzione. E cioè che la scarsa disponibilità di monete da 100 Yen, fosse dovuta alla mania generata da Space Invaders (che richiedeva 100 Yen per una partita), invece che alla riduzione del conio voluta dalla zecca di Stato.


Infine una curiosità, legata alla difficoltà crescente del gioco. Gli alieni infatti, acquistano sempre più velocità e diventano bersagli quasi imprendibili. Ma non era nei piani di Nishikado, che è stato costretto a rendere gli alieni velocissimi, perché la CPU era fin troppo potente. Così, anziché aumentare il numero dei nemici sullo schermo, decise di renderli più veloci, elemento che ha contribuito alla sua popolarità tra gli accaniti videogiocatori. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero