La corte d’appello della California punta il dito contro Snapchat: un video diffuso tramite l’app ha portato al suicidio uno studente di 14 anni. Secondo i genitori...
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Dai pochi movimenti sembrava che il ragazzo si stesse masturbando. Dopo la sua morte, però, gli amici ammisero che probabilmente stava facendo solo finta, mai immaginando che, in quel momento, qualcuno potesse riprenderlo. Ma l’autore non ha perso tempo e ha caricato il filmato su Snapchat, l’applicazione che consente di scambiare video e foto. A differenza di altre piattaforme, però, Snapchat non conserva i file e del materiale messo in circolo non resta alcuna traccia. Ma quei dieci secondi sono bastati per fare del 14enne un bersaglio di frecciatine in tutta la scuola.
Due settimane dopo, Matthew si è tolto la vita lasciando a casa un biglietto: “Non riesco più a gestire la scuola, non ho amici”. Il giorno del funerale, il vicepreside ha sentito un ragazzo minacciare gli amici di prenderli “a calci nel sedere” se avessero raccontato che era stato lui a girare quel video. La scuola ha chiamato la polizia e il ragazzo ha confessato. Il video, però, non è stato rintracciato. A distanza di due anni, la sentenza conferma che lo “scherzo”, in realtà, è una violazione della privacy. “L’accaduto - ha detto al The Guardian Nicole Ozer, responsabile della American Civil Liberties Union della California settentrionale - dimostra che solo perché è tecnologicamente possibile fare qualcosa, in questa età, non significa che si debba fare o che sia legale farlo ".
Da Snapchat, al momento, nessun commento. I vertici faranno leva sulle linee guida che gli utenti accettano al momento dell’iscrizione; si tratta di quell’accordo scritto a carattere 4, lungo e noioso, che raramente si legge prima di spuntare. In realtà, in mezzo a quelle righe ci si impegna a non invadere la privacy altrui. Ma in ballo ci sono dei minorenni ed un mancato controllo da parte di una società digitale che può escludere dai social media chi infrange le regole.
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Il Messaggero