Che sapessero riconoscere le nostre voci è un dato ormai storicizzato: Siri è nata nel 2012 e Google Assistant ormai è disponibile anche in italiano. Ma...
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La componente emotiva finora era esclusa dal riconoscimento vocale. Pur rappresentando una parte essenziale del significato di una frase, nessun software era in grado di percepire il nostro stato d'animo. Ad esempio, per la stessa domanda «è tutto ok?», le persone possono rispondere: «Naturalmente!» con intonazioni diverse e dare così alla risposta un significato diverso: provocatorio, allegro o tranquillo.
I ricercatori russi hanno allora pensato di mettere a punto una rete neurale. Come i nostri neuroni, più processori collegati a loro riescono ad apprendere informazioni. In questo caso sono stati addestrati a riconoscere otto emozioni diverse, distinguendo fra espressioni neutre e calme, felici o tristi, arrabbiate, spaventate, disgustate o sorprese.
Dai primi test il sistema è risultato efficace nel 70% dei casi, riuscendo a cogliere, nella voce, la sfumatura giusta, identificato correttamente l'emozione in modo più efficiente rispetto agli algoritmi tradizionali. Ha distinto con successo i toni neutri e tranquilli, mentre felicità e sorpresa non sempre sono stati riconosciute: la felicità è stata spesso percepita come paura e tristezza e la sorpresa interpretata come disgusto. Ma questa, forse, è un'altra storia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero