Cambiano le immagini usate per descrivere il funzionamento dell'app Immuni sul sito istituzionale dedicato all'applicazione. Ora il neonato non è più in...
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La modifica è arrivata dopo critiche bipartisan per l'uso degli stereotipi del maschio lavoratore e la donna che resta a casa con i figli. Sulla questione era intervenuta anche la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, spiegando che aveva già avuto rassicurazioni al riguardo dalla ministra dell'Innovazione, Paola Pisano.
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«L'app immuni ha due grandi limiti il primo è che non sa dove finisce il gran bagaglio di dati, il secondo che rischia di mettere in crisi l'ossatura della sanità». Lo ha detto Luca Zaia, Governatore del Veneto, che si è soffermato in particolare sul secondo punto. «L'aspetto mi inquieta, non si è detto agli addetti ai lavori cosa accadrà - ha spiegato -. Nel momento che arriva al cittadino la segnalazioni di probabile positività con l'invito di andare dal medico di base noi non sappiamo cosa in effetti succede, di qui il rischio per l'ossatura della sanità, uno può fare a meno perché non vuole finire in quarantena o non vuole perdere il lavoro, ed ancora i medici che si trovano il cittadino che si presenta dicendo che ha ricevuto il messaggio cosa fanno. Noi che siamo la sanità come possiamo controllare quanto accade non avendo contezza di quanto c'è nei telefonini dei nostri cittadini».
«Non è irrilevante - ha sottolineato - perché significa focolaio, significa isolamento, significa tampone e noi non avendo gli elementi non siamo in grado di gestire perché non sappiamo nulla di ciò che accade: un grande lavoro digitale ma poco pratico per chi deve gestire la sanità» ha concluso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero