Il giornalismo nell'era dei social: «C'è bisogno di nuove professionalità»

Il giornalismo nell'era dei social: «C'è bisogno di nuove professionalità»
Consumiamo un terzo del nostro tempo online sui social e poco più di 1/5 sulle news online. Facebook vale il 30% del traffico dei siti e sul lato mobile vale anche di...

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Consumiamo un terzo del nostro tempo online sui social e poco più di 1/5 sulle news online. Facebook vale il 30% del traffico dei siti e sul lato mobile vale anche di più, intorno al 45%. Il 70% della pubblicità è in mano a colossi come Google o Facebook. Sono alcuni dei dati che testimoniano l'importanza per un quotidiano o un sito d'informazione di essere sui social. Ma essere sui social vuol dire anche parlare la sua stessa lingua, tra algoritmi e tendenze degli utenti che, in misura sempre maggiore, tendono a racchiudersi in bolle o echo chambers per riconfermare le proprie identità. Durante l'incontro “Macchine che parlano come uomini o uomini che parlano come macchine?" in cui hanno partecipato il responsabile del sito Leggo.it Guglielmo Nappi, Andrea Boscaro di The Vortex, Marco Renzi di Lsdi e Roberto Bernabò del Gruppo Finegil – L'Espresso, al centro dell'attenzione vi è stato il comportamento degli utenti in rete e come possa essere possibile interagire con il pubblico social, specie quando occorre l'hate speech o il trolling: «Spesso i troll vanno via perché è la stessa community che li espelle – afferma Renzi – ma ciò che è necessaria è la moderazione. I giornalisti devono diventare social media manager e devono assumere competenze nuove come quelle dei community manager o dei content creator. La notizia sta nei commenti». «La moderazione è centrale in qualsiasi strategia social – prosegue Nappi – bisogna parlare col lettore invece che con l'hater».


A creare nicchie di conforto, vere e proprie bolle ed echo chambers, ci pensa lo stesso algoritmo di Facebook: «se noi lo conosciamo – afferma Renzi – lo possiamo verificare sugli insight per capire se le cose funzionano veramente». Dall'algoritmo ai chatbot il passo è breve: «Stiamo pensando di adottarli come Gruppo editoriale, è una cosa che però può funzionare su liste ristrette, funzionale per chi ha interesse in ciò che accade localmente o nella politica o nel calcio – dice Nappi – se per il Messaggero può funzionare perché molto incentrato sulla realtà romana, Leggo ha un pubblico eterogeneo con l'anomalia relativa a una maggioranza di utenza femminile».

Il futuro più prossimo in Italia è il 5g. Già ora è attiva la sperimentazione in 5 città italiane. Il 5g significa, soprattutto Intelligenza Artificiale: «Saremo nel mondo delle smart cities – chiosa Renzi – il segnale sarà smaterializzato e su server virtuali, saremo dentro l'IoT. La comunicazione non sarà più un problema è l'economia si baserà sulla gestione di sensori e l'automotive, i trasporti avverranno attraverso macchine intelligenti». «L'Intelligenza artificiale permette di costruire contenuti, il Washington post ha un bot che consente di produrre notizie come fossero scritte da un umano, come le analisi delle trimestrali che vanno in borsa. Poi avrò bisogno dell'analisi che rimarrà di competenza giornalistica, ma il giornalista dovrà avere competenze sempre più evolute e il lavoro base sarà sulla curation dei contenuti» chiude Andrea Boscaro.


«Questo è un momento d'oro per il giornalismo – conclude Renzi – ma bisogna pensarlo in un altro modo. Il mondo è tutta comunicazione. Quello che fa la differenza è la comprensione, l'analisi ed è quello il compito di un professionista».   Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero