Beppe Fiorello dice no a Sanremo e critica i social: «L'importante è esserci. Il talento viene dopo»

«Sanremo? Passaggio interessante, ma non è il momento. Preferisco continuare a raccontare le mie storie». Beppe Fiorello arriva alla Social Media week e lancia...

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«Sanremo? Passaggio interessante, ma non è il momento. Preferisco continuare a raccontare le mie storie». Beppe Fiorello arriva alla Social Media week e lancia subito la notizia da postare sui social: non ci sarà lui alla conduzione del Festival della canzone italiana. In compenso lo vedremo dal 28 settembre al cinema con “Chi m'ha visto”, commedia che ha interpretato e prodotto.


L'attore, intervistato dal direttore di Leggo Alvaro Moretti, si è lasciato andare a qualche riflessione a cuore aperto sui social e sul mondo del digitale, parlando anche di Rosario e della sua tanto amata “Edicola Fiore”, nata sul web e poi finita dritta in tv con un seguito enorme di pubblico. «Non aveva voglia di lavorare ed è nato il format. Mio fratello ha una grande energia, ma è anche pigro, vuole approfondire, scavare - dice Beppe - Edicola Fiore nasce da un gioco, in un bar, dal rivedere uno sketch al cellulare e capire che là dentro c'è qualcosa. È lì che scatta la sua straordinaria visione di cos'è la comunicazione. È la stessa persona che mettendo il telefono al contrario ha creato una radio su Instagram. Ha una grande purezza artistica e una grande fedeltà nei confronti del pubblico».

Un viaggio nei mondo dei social e della tecnologia vissuta dal punto di vista dell'attore, che non poteva esimersi dal toccare il tasto del talento: «Oggi avere del talento può servire fino a un certo punto e invece "esserci" ti può far diventare una sorta di personaggio: ci sono persone che ci sono così tanto che ti convincono, e ci sono personaggi che non riescono a vendersi. E il mio protagonista è esattamente così. Si parte dall'hashtag per arrivare a un successo: vuol dire business e sistema di mercato. Ci vorrebbe un po' più spazio per il talento vero e puro. Saper vendere di sé quello che non si sa fare: ci sono milioni di persone che guardano personaggi da social».
 
E sul suo personale uso dei social Beppe ribadisce: «Cerco di non farmi intrappolare in post privati, ma quelli che riguardano il mio lavoro». Un lavoro di scoperta che passa anche attraverso i social per lui che, spinto da enorme curiosità, ha trovato spunti on line per storie da raccontare e personaggi da far rivivere sul piccolo e grande schermo. «Ho scoperto attraverso un post su Twitter la figura del sindaco di Riace, Domenico Lucano: ho fatto un viaggio di una notte nella vita di quest'uomo che alla fine degli anni '90 creò il “modello Riace”, ospitando i migranti curdi nel Paese, svuotato dall'emigrazione. Ha deciso di donare quel posto ai migranti. Questa è una favola moderna straordinaria: con l'integrazione e insieme ai migranti ha ricostruito Riace».


E sui colleghi, come Alessandro Gassman, che hanno deciso di usare i social per un impegno politico e che successivamente hanno chiuso i loro profili a causa delle critiche, dice: «Alessandro è appassionato e sensibile e in quanto tale non poteva durare molto. Purtroppo devi saperci stare a questo gioco al massacro. Io ero perfettamente d'accordo con le sue idee, ma non ha trovato la forza di reggere quelle aggressioni. Personalmente penso che gli artisti debbano parlare attraverso il lavoro che fanno. Io ho detto molte cose, anche dal punto di vista politico, attraverso le storie dei personaggi che ho interpretato. Questa è politica: gli artisti hanno la possibilità di parlare tanto attraverso il loro lavoro». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero