L'autoscatto sale in cattedra, al via il primo corso universitario sul selfie

L'autoscatto sale in cattedra, al via il primo corso universitario sul selfie
Sembra essere l’ultima avanguardia per i bulimici dell’autoscatto virtuale, per quelli che non riescono a stare senza postare e twittare l’immagine migliore di...

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Sembra essere l’ultima avanguardia per i bulimici dell’autoscatto virtuale, per quelli che non riescono a stare senza postare e twittare l’immagine migliore di se stessi.




Che sia poi davvero l’immagine migliore, è tutto da dimostrare. Di selfie si vive, anzi. Con i selfie in quella frenetica vita sociale che si compie – e in molti casi si conclude solo sui social network – si dimostra agli altri di averla davvero una vita. Scatti nevrotici e compulsivi, mai lasciati al caso, con tanto di pose plastiche che nascondono un lavoro certosino alle spalle. E di selfie si muore anche, considerati gli incidenti, per lo più automobilistici, causati proprio da quella voglia di far vedere e farsi vedere. Cavalcano l’onda del momento, in quella girandola virtuale (che definirla edonistica sarebbe quasi riduttivo) e sbarcano pure all’università.



L’UNIVERSITA’

L’ateneo di Teramo tiene a battesimo, nella facoltà di Scienze della comunicazione, il primo corso sul fenomeno virale dell’autoscatto. Un centinaio gli studenti del corso di Laurea magistrale in Management e comunicazione d’impresa che, da oggi, seguiranno le lezioni sui selfie. Ma attenzione, perché ai detrattori, che già polemizzano sulla scelta universitaria di bandire addirittura un corso ad hoc sul fenomeno con tanto di crediti formativi ed esame finale, il percorso formativo tutto insegnerà meno che le pose migliori da assumere per rendere lo scatto perfetto. Giacché dietro alla gestualità dell’apparenza c’è un fenomeno sociale che merita di essere analizzato.



«Se ci si tuffa nella contemporaneità – spiega la professoressa Raffaella Morselli, ordinario di Storia dell’arte moderna nonché ideatrice del corso – questa va analizzata in maniera chirurgica e il nostro gruppo di ricercatori ha deciso di affrontare lo studio dei selfie, proprio perché giocano, a torto o ragione, un ruolo attivo nel nostro quotidiano». Un approccio, dunque, antropologico, che lascia in un angolo le discussioni sulla vanità di ognuno e indaga, al contrario, le mutazioni sociali che il fenomeno ha comportato.



IL CORSO

Intitolato "Memento moi", il corso durerà fino al prossimo 5 novembre e sarà articolato in tre unità didattiche. Il primo capitolo “Dallo spazio della contemplazione a quello dell’azione”, scandaglierà la pratica estetica che si cela dietro al selfie. Per questo saranno studiati e analizzati i più importanti artisti contemporanei che, ognuno a loro modo, hanno affrontato il tema del ritratto.



Da Cartier-Bresson a De Chirico e ancora Frida Kahlo con richiami inevitabili a Diane Arbus. Attenzione anche all’analisi dell’identità individuale in rapporto con i social network. «C’è una forma di narcisismo emotivo enorme nel selfie – prosegue la Morselli – che identifica anche delle stravaganze fluttuanti del proprio io, perché non sempre l’io di quel momento, postato o twittato sui social, è reale».



Il corso, approfondirà, inoltre, gli studi sulle pratiche associate al selfie: dal “Rooftopping”, la mania di fotografarsi all’esterno di edifici alti e pericolosi al “Sellotape selfie”, gli autoscatti caratterizzati da volti distorti da nastro adesivo trasparente.



Il secondo step sarà riservato a un progetto di media social marketing, sulla scia di quanto accaduto alla Contemporary art faire di Londra 2013, dove due galleriste hanno presentato una mostra interamente creata da autoritratti virtuali, mentre l’ultima fase del corso di studi guarderà alla storia, spiegando l’evoluzione del ritratto. E buona lezione a tutti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero