Scuola, arriva la nuova app che disattiva gli smartphone

Scuola, arriva la nuova app che disattiva gli smartphone
Se la scoprissero i prof italiani potremmo parlare di vera e propria svolta nel sistema educativo nazionale. Per gli insegnanti sarebbe la volta buona per smettere di sgolarsi...

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Se la scoprissero i prof italiani potremmo parlare di vera e propria svolta nel sistema educativo nazionale. Per gli insegnanti sarebbe la volta buona per smettere di sgolarsi quando sorprendono lo studente di turno a messaggiare sottobanco e risparmiare il tempo passato a raccogliere gli smartphone prima di ogni compito in classe per paura dei vari copincolla da Wikipedia.




Studenti di tutto il mondo tremate, perché nella provincia di Gangwon, Sud Corea, è stata brevettata e adottata iSmartkeeper, la nuova app che permette ai professori di “controllare” letteralmente gli smartphone dei loro alunni. Incubo degli adolescenti, l’applicazione preferita dai professori ha il potere di spegnere i cellulari di tutta la classe, consentire solo le chiamate d’emergenza oppure quelle vocali, disattivando però le varie app per l’intera durata delle lezioni. Tutto ciò perché, a sentire la locale agenzia della Società Nazionale di informazione, gli adolescenti coreani avrebbero sviluppato una relazione malsana con i loro smartphone, usandoli più di sette ore al giorno e andando incontro a sindromi di ansia, insonnia e depressione quando ne vengono privati.



Nulla che non succeda anche in Italia, insomma. iSmartkeeper, che funziona con la tecnologia Geofencing, assume il controllo dei cellulari degli studenti appena varcano il portone della scuola e smette di funzionare all’uscita dall’istituto. O almeno dovrebbe, perché sono stati riportati alcuni casi in cui gli smartphone sono rimasti inutilizzabili anche svariate ore dopo la fine delle lezioni, catapultando i malcapitati proprietari nella disperazione più totale.



Inoltre gli adolescenti coreani, cresciuti a pane e tecnologia, avrebbero già trovato il modo di aggirare l’ostacolo, visto, tra l’altro, che al momento l’app funziona solo su Android. Alcuni professori particolarmente tolleranti avrebbero gridato alla violazione dei diritti dello studente. Chissà se lo farebbero anche quelli delle nostre scuole.



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Il Messaggero