La rinascita di Vettel: «Fondamentale l'appoggio della gente»

Le festa di tutta la squadra Ferrari
Questa vittoria l’ha inseguita, l’ha artigliata con i denti e con le unghie, l’ha voluta e l’ha difesa fino in fondo. Dal suo stesso compagno di squadra...

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Questa vittoria l’ha inseguita, l’ha artigliata con i denti e con le unghie, l’ha voluta e l’ha difesa fino in fondo. Dal suo stesso compagno di squadra che più volte ha chiesto via radio al team il via libera per attaccarlo. Era da 22 Gran Premi, più di un anno, che Sebastian Vettel non vinceva una corsa F1. Da diversi mesi sembrava non riuscire più a tirarsi fuori da una spirale negativa che l’aveva avviluppato. Schiacciato e umiliato in pista dal giovane compagno di squadra Leclerc e mortificato nell’animo da una serie di errori di guida inspiegabili. D’incanto a Singapore, su un circuito che ha sempre amato, Vettel è tornato ad essere il grande campione di un tempo. Cosa ha permesso questa rinascita? Sicuramente la grande confidenza fra Vettel e la pista di Singapore dove ha vinto cinque volte. Ma c’è anche un altro motivo: le novità tecniche introdotte sulla Ferrari SF90 che sembrano aver messo a proprio agio Vettel che ama una macchina precisa in inserimento di curva. Il nuovo musetto sembra abbia sistemato il problema.


STRATEGIA VINCENTE
Vettel ha costruito la vittoria fra il 19° e il 21° giro di corsa. Quando è stato uno dei primissimi a fermarsi ai box per il cambio gomme. A proposito di questo, c’è stata un po’ di polemica da parte di Leclerc, il quale ha preteso spiegazioni dalla squadra su questa strategia. Di solito fermarsi per primi al cambio gomme è un vantaggio, perciò questo privilegio viene normalmente riservato al pilota davanti che in quel momento era Leclerc. Invece a Singapore la Ferrari ha deciso di agire al contrario chiamando ai box per primo Vettel. Un privilegio gerarchico? No, niente di tutto questo. È stata pura tattica di gara. La Ferrari ha fermato Vettel semplicemente per marcare Verstappen che stava preparando il pit stop. Si temeva che l’olandese potesse superare Seb. «Mi hanno chiamato un po’ a sorpresa all’ultimo momento quando ero alla curva 20 o 21 e stavo terminando il giro», ha raccontato Vettel. Il vero capolavoro di Seb però è stato eseguire un giro di rientro ai box a grande velocità e completare il giro di ripartenza e quello lanciato con le gomme nuove di mescola dura a un ritmo più veloce dei primi. Mentre invece in testa alla corsa Leclerc ed Hamilton facevano melina viaggiando a ritmo blando per non affaticare le gomme e non consumare benzina. Quei tre giri-record di Vettel sono stati le basi del suo successo. Quando è stato chiamato ai box, era staccato di 2”4 da Leclerc in testa alla gara e dopo la sosta del compagno si è ritrovato un secondo davanti all’altra Ferrari. Così è maturato il sorpasso virtuale.

L’INCORAGGIAMENTO

La 14° vittoria di Vettel con la Ferrari è anche il suo successo numero 53 in F1. Ma soprattutto è un trionfo che restituisce alla Ferrari un campione che sembrava in crisi. Recentemente erano anche circolate voci di ritiro prematuro dalla F1 per il tedesco tanto che lui aveva dovuto affannarsi a smentire propositi di pensione. Ma rimaneva il problema di una Ferrari che si ritrovava a stipendio un campione pagato quasi 40 milioni l’anno ma inferiore per rendimento al suo giovane scudiero che guadagna oltre dieci volte di meno. «Nelle ultime settimane non ero più me stesso», racconta Vettel «ma il sostegno dei tifosi mi ha tenuto su: mi scrivevano e mi incoraggiavano. Ho portato con me in macchina queste emozioni. Sono molto contento, è stata una grande gara, posso solo congratularmi con il team. L’inizio della stagione è stato difficile ma, nelle ultime settimane, abbiamo cominciato a rinascere». E che Vettel fosse emozionato davvero, si è visto sul podio dove aveva gli occhi lucidi. Ora si spera che la vittoria di Singapore abbia spezzato una volta per tutte l’incantesimo che lo bloccava psicologicamente e restituisca a Maranello un campione che potrà contribuire al titolo mondiale che manca da 11 anni a Maranello.
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Il Messaggero