Il Verona vince in rimonta: 2-1 contro il Parma penultimo e in crisi

Barak
Messo al muro da un progetto incoerente, la candidatura del Parma alla...

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Messo al muro da un progetto incoerente, la candidatura del Parma alla retrocessione (sarebbe la terza negli ultimi 36 anni: 1985 in C1, 2008 e 2015 in B) è sempre più seria. L’Hellas di Juric, nono posto, 33 gettoni, torna a vincere anche senza Zaccagni e Faraoni: gli emiliani non ci riescono da fine novembre e allungano così la loro peggior striscia di sempre in A, nove sconfitte e quattro pari nelle ultime tredici giornate. A oggi, penultimo, può fare la corsa solo sul Torino, il Parma: -4 dai granata, quartultimi, mentre la Fiorentina di Prandelli è lassù, 9 punti in più. «Non è l’ultima spiaggia», diceva D’Aversa prima del Bentegodi. Vero. Ma è anche vero che il Parma continua a essere una squadra senza un’identità precisa, priva in apparenza dei mezzi per agire di rimessa, come faceva nella prima gestione di D’Aversa, e incapace di prendere piede nella metà campo avversaria. Richiamato d’urgenza per Liverani, D’Aversa non sta trovando il bandolo e in campo si vede. Agli avversari basta raddoppiare Gervinho per aver svolto metà del lavoro: Cornelius tocca tanti palloni in area ma ancora non segna (ultimo gol all’ultima giornata del torneo scorso) e dalla panchina si alza uno Zirkzee (il 2001 in prestito dal Bayern Monaco) che andrebbe servito secondo altri criteri. Molti, da D’Aversa, si aspettavano diverse carte nuove in più dal 1’, specie davanti, rispetto alla mazzata nel derby col Bologna: o Zirkzee – che peraltro ha avuto sulla testa la palla del pari nel finale – o lo stesso Mihaila, per dire, che il passo ce l’ha. Certo, se l’idea è Pellè, il Parma dovrà aspettare, visto l’infortunio repentino dell’ex «cinese». Incapace di conservare i vantaggi, anche in riva all’Adige il Parma s’è fatto riprendere. Il vantaggio (Kucka, rigore ineccepibile) era stato figlio d’un buon approccio. Ma in fase difensiva, gli ospiti non hanno mai dato l’impressione di saper ostruire le sfuriate dell’Hellas, specie quelle di Dimarco, esterno di centrocampo e per una sera miglior «attaccante» di Juric. Suo di fatto (per la Lega è autogol di Grassi) il pareggio e suo il mancino da corner deviato da Barak per quel 2-1 che incarna il gol numero 1.000 del Verona tra i grandi. Peggior attacco del torneo (ottima figura del giovane Lovato su Karamoh e Gervinho), il Parma bolla non per niente la seconda difesa più battuta. Dagli Stati Uniti, il presidente Krause aveva detto in settimana di credere ciecamente nella forza del gruppo. I tifosi, dal canto loro, avevano esposto uno striscione che parlava di «pazienza finita». Il quarto ko consecutivo racconta che di luce, in fondo al tunnel, se ne vede poca.

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Il Messaggero