Giovannini, dai Parioli alla Corea per fare un tuffo nei sogni mondiali

Giovannini, dai Parioli alla Corea per fare un tuffo nei sogni mondiali
Il cucciolo dei tuffi è un “pischello” di Roma, almeno fra gli azzurri ai mondiali dell’acqua al sud della Corea del Sud. E’ dei Parioli, ma...

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Il cucciolo dei tuffi è un “pischello” di Roma, almeno fra gli azzurri ai mondiali dell’acqua al sud della Corea del Sud. E’ dei Parioli, ma romanista, dunque fuori “prototipo”. Ha 16 anni da poco (marzo), e si chiama “ric.giovannini” (al secolo Riccardo Giovannini), come da account instagram che è la risposta dei tempi all’intimazione “documenti”.

Studia, forse non molto per sua stessa ammissione, allo scientifico Nazareth, comunque è stato promosso al terzo anno. Qui studia cinesi e Tom Daley: lo affascinarono da subito, quando aveva sei anni e li vide in tv, ma lassù in cima a Roma, Foro Italico. Ci si è fatto portare, quasi per gioco. Ora non gioca più. Ha vinto quasi tutte le paure, che ti vengono quando sali a 10 metri, lungo i gradini (“che qui sono molto grossi” sorride), e poi devi volare. Si può fare anche da più su, i 27 metri, high diving lo chiamano: “Penso che non lo farò mai”.

Non ha portato fino in Corea i libri per l’estate, “Se questo è un uomo” e “Io non ho paura”. “Mamma insisteva ma era inutile”. “Per lei e papà la priorità è la scuola; hanno ragione, però ci sono i tuffi” Non è di grandi letture, per ora; ma neppure di rap, trap: “Vasco”, piuttosto; non è da discoteca, dice: “Non so ballare, mi sento a disagio”. Capita.  Fidanzato? “Ora no”. Lasciato o lasciatore? “L’ultima l’ho lasciata io”. E la penultima? “Si tuffava anche lei: mi sa che non bisogna mischiare tuffi e resto”.

Che si aspetta qui? “Magari migliorarmi; il mio punteggio più alto è 405, chissà”. La finale è solo un sogno, “ma non ho mai realmente sognato le mie gare”. Sbircia i segreti altrui: vuole imparare. “L’abbiamo portato qui per questo” spiega il tecnico nazionale Oscar Bertone. Capirà? Copierà? Diceva Picasso: “I geni copiano, i mediocri imitano”.
Vita normale: tanti tuffi al giorno. Quanti? “Mai contati, meglio non farlo”. Sennò ti spaventi di più. In fondo dura qualche secondo e passa la paura.


Guarda verso i trampolini e le larghe piattaforme della Nambu University: ora tocca al duo Pellacani-Bertocchi, ora a Tocci-Marsaglia, punte del dopo Cagnotto. Allenamenti anche da social, come le mascotte fiorite di petunie tra le quali lasciarsi andare allo scatto da like. Riccardo Giovannini e Chiara Pellacani, romana anche lei e solo qualche mese in più, faranno coppia nel “team event”, il tuffo misto, esordio nella finale diretta di domani.  Ric-Giovannini la prepara anche tra una partita di ping pong  e una di biliardo. Su questi campi sono Maicol Verzotto e Dario Scola, tecnico, i più forti: schiacciano e carambolano. In fondo anche i tuffi sono fatti di “carambole”: volanti.
Piero Mei Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero