Ha cominciato, nei giorni scorsi, Rafa Nadal: «Per tanti motivi sarà il Roland Garros più difficile». Ha continuato Vika Azarenka, abbandonando il campo...
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COSA NON VA
Parigi a giugno è lontana parente di quella che sta per accogliere ottobre. Le temperature oscillano (e nemmeno troppo) intorno agli 8 gradi, la pioggia è ospite fissa e persino la copertura del Philippe Chatrier non è sufficiente: quando c’è vento, l’acqua passa ai lati del tetto. I tennisti sono scesi in campo come raramente li si vede: leggings sotto i vestitini per le ragazze, magliette termiche a maniche lunghe per tutti. I riflessi sul gioco del meteo, poi, sono ancora peggiori. I campi sono lentissimi, non aiutano le nuova palline (criticate duramente anche da Nadal) che sono “nate” lente e tra pioggia e umidità diventano anche pesantissime, mettendo a rischio infortunio spalle e braccia dei tennisti.
Si dirà: uno spostamento azzardato che almeno ha salvato le casse del torneo. Macché. Pure l’analisi delle curve dei contagi del Covid è stata totalmente errata. La Francia sta avendo numeri ancora altissimi e così il torneo è sceso dagli 11.500 spettatori pianificati a 5.000 e poi, a due giorni dall’inizio del torneo, a 1.000. Storia di un fallimento semiannunciato. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero