Tennis, si sono sciolti i Fab Four: Nadal rinuncia a Wimbledon e Olimpiadi

Rafa Nadal
Niente da fare: sono legati da un destino comune. Come succede a chi ha condiviso il ruolo da protagonista in uno stesso show. Gli esempio si sprecano, divertitevi voi a scegliere...

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Niente da fare: sono legati da un destino comune. Come succede a chi ha condiviso il ruolo da protagonista in uno stesso show. Gli esempio si sprecano, divertitevi voi a scegliere gli esempi preferiti. Tanto per citarne qualcuno: Coppi&Bartali, Rivera&Mazzola, Borg&McEnroe. Roger Federer e Rafa Nadal hanno usato le stesse identiche parole, esprimendo lo stesso concetto, per comunicare al mondo che il sipario sul loro spettacolo, quello che è rimasto in cartellone per vent’anni, la versione tennistica del Fantasma dell’Opera o di Mamma Mia! a Broadway, è in via di discesa.


FISICI LOGORI
Rafa ha annunciato che non sarà presente a Wimbledon (era già successo altre tre volte in carriera) e salterà pure i Giochi di Tokyo. E le parole che ha adoperato sono le seguenti: «L’obiettivo è prolungare la mia carriera e continuare a fare ciò che mi rende felice, cioè competere ai massimi livelli». Parola più e virgola meno ciò che Federer disse a più riprese un paio di anni fa quando risultò chiaro che il circuito lo avrebbe visto sempre meno in campo. Del resto è giusto che sia così. Se uno dei due fosse nato in un’altra epoca l’altro avrebbe vinto certamente più Slam. Ma se non fossero vissuti nella stessa epoca tutti noi avremmo dovuto fare a meno di una rivalità che ha entusiasmato un’epoca. Rafa alle prese con articolazioni doloranti e un fisico che ci mette molto più tempo a recuperare dopo una gran fatica. Roger con una caviglia operata due volte e un fisico che semplicemente compirà 40 anni l’8 agosto. Andy Murray con un’anca al titanio che si commuove quando dice che il tennis è la sua passione, la sua vita e che prova un certa invidia quando vede Nole e Rafa che ancora combattono negli Slam. Djokovic che di fisico sta bene, benissimo, ma che per sua stessa ammissione la fatica la sopporta meglio quando si gioca a Parigi, Londra, Melbourne o New York. Nelle altre occasioni gli cala un po’ la palpebra. Intendiamoci: così come Federer ha strutturato tutta la sua stagione su Wimbledon (da qui la profonda delusione, per usare un eufemismo, dopo il ko di Halle contro Auger Aliassime) e l’erba resterà il giardino su cui si cimenterà fino a chiusura carriera, Rafa già sta riflettendo oggi su come organizzare il 2022 in modo da arrivare a Parigi e vendicare la sconfitta di quest’anno. Per Murray il discorso è differente: il suo essere in campo ora (ovviamente a Wimbledon usufruirà di una wild card) è già uno straordinario successo. Suo, della sua volontà a pure della medicina che lo ha messo in condizione di competere ancora. Anche se, come si è visto nei due turni che ha giocato al Queen’s, competere è una parola grossa.
RESTA NOLE
Di quello che fu il magico quadrumvirato, l’uno quadrumviro che resta a rappresentare un’epoca straordinaria è Djokovic. E a giudicare da quando ha messo in mostra nella finale di Parigi la sua dittatura non finirà tanto presto.

Alla fine sono stati quattro supereroi straordinari, quattro come i Fantastici Quattro (mica per niente) che hanno permesso al tennis non solo di sopravvivere ma di toccare picchi di passione e pure di tifo come forse mai era successo prima. Quindi, pure se perdono o zoppicano, godiamoceli finché ci sono. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero