Berrettini, il bello del tennis azzurro

Matteo Berrettini
Quarantadue anni sono una vita. Era il 1977 e mentre l’Italia festeggiava l’arrivo della tv a colori, il tennis viveva l’ultima edizione degli US Open sulla...

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Quarantadue anni sono una vita. Era il 1977 e mentre l’Italia festeggiava l’arrivo della tv a colori, il tennis viveva l’ultima edizione degli US Open sulla terra verde di Forest Hills. Dall’anno dopo tutti sul cemento di Flushing Meadows. Uno strepitoso Barazzutti giunse in semifinale, ma fu vittima delle follie di Connors. La scena l’hanno vista tutti, anche i più giovani, grazie a Youtube. Una palla di Jimbo rimbalza nei pressi della riga. Secondo Corrado è fuori e ha ragione: sarebbe salito 5-3 nel terzo set. Mentre cerca di individuare il segno, Connors lo cancella grazie all’impunità del giudice di sedia, che non riuscì ad andare oltre un: «Mister Connors? Mister Connors?». Quarantadue anni dopo un altro italiano, Matteo Berrettini, romano cresciuto nel quartiere dei Prati Fiscali, può eguagliare Barazzutti e magari superarlo, chissà. «È il prototipo del giocatore moderno, servizio e diritto devastanti», sottolinea il capitano azzurro. 

CARPE DIEM 
Un ottavo a Wimbledon e un quarto agli US Open nella stessa stagione non si raggiungono per caso. Se a 23 anni i risultati sono questi, si può ragionevolmente supporre che migliorerà ancora. La sua prestazione contro Rublev è stata straordinaria. «Devo godermela, ma non posso pensare di essere arrivato - dice - non devo fermarmi. Sono ancora nel torneo e fisicamente mi sento bene. Ti stanchi, ma allo stesso tempo ti alleni giocando le partite. I match 3 su 5 li devi saper gestire». Il futuro immediato si chiama Gael Monfils (la sfida oggi sarà visibile con Timvision su Eurosport): a 33 anni il parigino sembra aver messo insieme per la prima volta tutto il suo micidiale arsenale di colpi, fisico bestiale e testa che nel 2016 lo avevano portato fino al n.6. Più concreto e meno farfallone, meno legato al colpo estemporaneo. E forse è un po’ merito di Elina Svitolina, la sua ultima fiamma, un peperino di collega in campo e fuori. Ma Berrettini parte alla pari: due giorni fa seduta al suo box c’era Ajla Tomljanovic, tennista australiana di origini croate. Tra i due è nato l’amore e lo scatto lo conferma.
PIÙ MATURO 

Di sicuro Monfils è uno degli outsider più pericolosi del torneo: a livello Slam giocherà un quarto per la nona volta e vanta due semifinali (Roland Garros 2008 e US Open 2016). Conteranno di più l’esperienza o 10 anni di meno e la maggior fame di successo? Se perde 23 partite con match point a favore Federer, a maggior ragione può tremare il braccio di Berrettini. Proprio lo svizzero gli ha lasciato solo 5 game a Wimbledon, ma quella partita sembra lontana un secolo, come conferma il suo coach Vincenzo Santopadre. Lo segue, ora con la collaborazione del tecnico federale Umberto Rianna, da quando aveva 14 anni. «Dovesse affrontare di nuovo Federer giocherebbe un match diverso. Quella sconfitta così netta è stata una tappa per migliorare». A New York c’è il mental coach Stefano Massari. È grazie a lui che Matteo, ragazzo aperto e curioso, ha allargato gli orizzonti: adora il cinema di Tarantino, Kubrick e Sergio Leone, ha scoperto Moretti e Sorrentino e legge Hemingway e Bukowski. E studia da top player. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero