Stadi, lo sport chiede la riapertura ai tifosi, il Cts è contrario

Stadi, lo sport chiede la riapertura ai tifosi, il Cts è contrario
Porte aperte non se ne parla, socchiuse nemmeno, se non di soppiatto, per iniziativa estemporanea di qualche amministratore locale in cerca di visibilità. Il calcio e tutto...

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Porte aperte non se ne parla, socchiuse nemmeno, se non di soppiatto, per iniziativa estemporanea di qualche amministratore locale in cerca di visibilità. Il calcio e tutto lo sport italiano bussano sempre più forte per ottenere una riapertura almeno parziale degli stadi e dei palazzetti, ma per ora nessuno, a livello di governo né tantomeno di autorità sanitarie, sembra disposto a concedere le autorizzazioni necessarie. Non ci sono ancora le condizioni, anzi la situazione è peggiorata rispetto a qualche settimana fa, effetto vacanze pazze. Eppure, a livello regionale qualcuno si è già mosso o si sta per muovere per prendere autonome decisioni spericolate. È già successo con locali pubblici, discoteche e mobilità, adesso tocca alle manifestazioni sportive. Già l’Emilia-Romagna ha dato il via libera per il 25% della capienza degli impianti: tanto che la final four della Supercoppa di basket sarà parzialmente aperta al pubblico, quella Supercoppa che ieri è cominciata a Milano con la sfida fra Olimpia e Cantù giocata rigorosamente a porte chiuse. Ma dopo l’emiliano Bonaccini, anche il presidente lombardo Fontana, in occasione della presentazione del Gp di Formula 1 di Monza, pure quello previsto senza pubblico, salvo l’invito a 250 operatori sanitari protagonisti nella lotta al Covid, ha annunciato di avere in programma provvedimenti per socchiudere le porte.

L’ALLARME
Il presidente del Coni Malagò ha rilanciato l’allarme: «C’è il rischio che salti il banco». Tutto lo sport italiano comincia ad avere l’acqua alla gola. Ci sono discipline, come il basket o la pallavolo, che vivono esclusivamente di sponsor e rimesse dei tifosi, a differenza del calcio le entrate televisive sono insignificanti. Andare avanti senza pubblico è quasi impossibile. Ma i tempi sono tutt’altro che maturi. Gli impianti al chiuso presentano rischi ancora maggiori. Si potrebbe pensare che la situazione sia migliore per il calcio e le altre attività all’aperto. In effetti, in uno stadio con decine di migliaia di posti riempire un quarto dei seggiolini disponibili garantirebbe un distanziamento più che sufficientemente sicuro. Il problema però è rappresentato dagli inevitabili assembramenti in fase di afflusso e deflusso, dalle operazioni di prevenzione agli ingressi (come misurare la temperatura), dall’utilizzo dei trasporti pubblici. Tutte ragioni che quasi certamente indurranno il Comitato tecnico scientifico a esprimere parere contrario alle richieste di riapertura.
IN GERMANIA

Le speranze alimentate dalla decisione dell’Uefa di far disputare la finale di Supercoppa fra Bayern e Siviglia di fronte a più di 20.000 spettatori (un terzo della capienza della Puskas Arena di Budapest) hanno subito una doccia d’acqua gelata con la decisione della Merkel di tenere chiusi gli stadi almeno sino alla fine dell’anno. E neppure in Spagna e in Inghilterra le prospettive sono migliori. E’ stato calcolato che di soli ricavi da stadio i grandi club europei nella stagione 19-20 hanno perso dai 20 ai 40 milioni ciascuno. Le sole società di Serie A sono già sotto di almeno 200 milioni e la somma con la nuova stagione rischia di triplicare, pur pensando a una parziale riapertura fra qualche mese. La pandemia ha dato un colpo anche agli sponsor, vecchi e nuovi. Se continua così bisognerà pensare a specifici recovery funds per non far morire lo sport italiano. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero