Simona Quadarella, da Roma al podio ai mondiali di nuoto di Budapest

Simona Quadarella, da Roma al podio ai mondiali di nuoto di Budapest
Simona Quadarella sapeva ancora di latte quando la misero in acqua per la prima volta: era un corso di ambientamento per neonati. Del resto una campionessa come Novella Calligaris...

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Simona Quadarella sapeva ancora di latte quando la misero in acqua per la prima volta: era un corso di ambientamento per neonati. Del resto una campionessa come Novella Calligaris spiega che la prima cosa che un cucciolo d'uomo fa è nuotare, nella pancia della mamma. Aveva sette anni quando in un tema di terza elementare, alla Borgata Ottavia dove è nata e cresciuta, la stessa dove vive il sindaco Raggi, aveva scritto: «Ho una sorella molto forte, io voglio diventare come lei, anzi più forte». La sorella, di nome Erica, nuotava alla grande: più tardi ha preferito lo studio dell'ingegneria. Simona, che ha appena preso la maturità scientifica, voto 90, e che si iscriverà all'università privata Link Campus per studiare economia aziendale, tra frequenza e telematica, ha continuato a preferire il nuoto e lo farà ancora.


IL CIRCOLO
Perché Simona non ha ancora 19 anni ed ha già un passato di medaglie alle spalle, fra le quali quella di prima italiana a vincere le Olimpiadi dei ragazzi a Nanchino, fino all'ultima di ieri l'altro, a Budapest, mondiale nei 1500 metri, la stessa gara che fece impazzire il Foro Italico quando premiò un'altra romana, Alessia Filippi. Oltre che medaglie del passato, Simona ha anche sogni del futuro: l'acqua era sufficientemente nel suo destino, giacché, per dire, fa parte del gruppo sportivo dei Vigili del Fuoco, le Fiamme Rosse, quelle delle Capannelle, e si allena all'Aquaniene, nel cui circolo di pertinenza, l'Aniene appunto, attualmente il più in di Roma, è tesserata come atleta. Il che è anche Federica Pellegrini.

Ha fatto la tesina d'esame sul caso come fattore delle opere umane: «è un po' filosofa», dice il suo allenatore Christian Minotti, che si definisce un «secondo papà» ma forse è un fratello maggiore, avendo meno del doppio dei suoi anni, romano anche lui, di Colli Albani, zona Appio Latino. Può darsi: ma in realtà non lascia niente al caso, né lei né Minotti, anche lui medaglie quando gareggiava. Che l'unico «rimprovero», se così si può dire, è che non la vede «abbastanza romanista», perché, dice, «essere giallorosso nel cuore t'insegna a soffrire fino in fondo». Ora quei suoi pensieri di gloria del temino elementare, Simona potrebbe lanciarli attraverso i suoi profili social: perché se conosce la fatica un po' antica dell'allenarsi, apprezza tutti i gadget e le opportunità della ragazza d'oggi.

ORIZZONTE TOKIO

Il cellulare è il più fisso dei compagni, la conversazione è più scritta che non parlata, c'è qualche filarino come per tutte, e ci sono i gelati, gli aperitivi, i centri commerciali, le multisale e quel po' di movida, compresa la discoteca e la musica, più quella angloamericana che non altre, ma in quantità limitata. L'unica cosa che non ha limiti, per lei, è l'acqua: chilometri e chilometri di bracciate, che a misurarli in metri perdi il conto, ma nessuna propensione per nuotare fuori dalla piscina, «il mare mi fa paura». Tanti chilometri da condurre, chissà mai, fino a Tokyo 2020, prossima Olimpiade, quando finalmente la sua gara entrerà in programma. Peccato che quel mostro marino dell'americana Katie Ledecky abbia solo un anno più di Simona. Ma chissà che i 14 familiari che l'hanno tifata qui, il papà Carlo che lavora in banca, la mamma Marzia che insegna inglese (Simona lo parla bene, ma non si butta) e quelli venuti da Siracusa, non avranno da fare un charter.

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Il Messaggero