«Siamo il Settebello»: dal treno per Napoli alla partita a carte, passando per i baffi di Mimì Grimaldi

Il giocatore di pallanuoto coniò il nome durate una partita a carte, ma l'intuizione gli venne prima, su un treno dalla Versilia

«Siamo il Settebello»: dal treno per Napoli alla partita a carte, passando per i baffi di Mimì Grimaldi
Mimì portava i baffetti. Quando era di «acchiappanza» se li allisciava. Mimì Grimaldi giocava a pallanuoto alla fine degli Anni Trenta. A mare, come...

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Mimì portava i baffetti. Quando era di «acchiappanza» se li allisciava. Mimì Grimaldi giocava a pallanuoto alla fine degli Anni Trenta. A mare, come usava allora ed era bellissimo. Con la Rari Nantes Napoli: il Vesuvio aveva ancora il pennacchio, Eduardo il pernacchio per il duca Alfonso Maria di Sant'Agata dei Fornari. Pasquale Buonocore studiava da ingegnere e giocava portiere: non voleva farsi male ai piedi sugli scogli. Gildo Arena già praticava la «beduina» che è una specie di rovesciata in acqua, spalle alla porta, la mano una ventosa, il braccio una catapulta.

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Mimì era stato a Berlino a vedere le Olimpiadi del '36, quelle di Jesse Owens, Hitler e Ondina Valla: aveva imparato qualche frase in tedesco, quelle di sopravvivenza che permettevano i capolavori dell'arte di arrangiarsi. E di «acchiappare». Gli venne buono nell'estate del '37. Mimì Grimaldi e le altre «cape pazze» della Rari Nantes tornavano da una trasferta in Liguria: viaggiavano in treno, terza fumatori, biglietto da squattrinati. Bella la Versilia anche vista dal finestrino, ma vuoi mettere il mare di Napoli!

Versilia anche vista dal finestrino, ma vuoi mettere il mare di Napoli! Salì un vagone di bionde tedesche. Sguardi complici dei ragazzi, risatine ammiccanti delle ragazze. Mimì si tuffò fra i ricordi linguistici (e non solo…). «Wir sind sieben», siamo sette, «schon», belli, «sieben schon», sette belli. Nacque così il Settebello. Se nacque anche altro su quel treno non è dato sapere: erano tempi in cui Milly cantava, rauca e sexy, «si fa ma non si dice», mica come oggi che si fa e si dice, e si dice anche quando non si fa e comunque lo si mette in rete.

Mesi dopo al circolo, partita a scopa. «Mia primiera e settebello» fa Pasquale Cangiullo. «Eh no! Il Settebello siamo noi!» sghignazza Mimì. Ha messo il copyright. Anni dopo a Londra '48. Nicolò Carosio, la voce del «quasi gol» (lo diceva) e del «negraccio» (mai detto), «disoccupato» per l'eliminazione del calcio e dirottato sulla pallanuoto, incontrò tre azzurri. «Come posso chiamarvi?» chiese l'immaginifico cronista. «Settebello» disse Gildo Arena. E partì quel treno, che poi sarebbe divenuto un treno di sogni.

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Il Messaggero