Serie A, come stanno le sette sorelle

Serie A, come stanno le sette sorelle
Impressioni d’agosto, strappate al primo vagito del campionato. Ha fatto un gran caldo, c’è il mercato di mezzo, i lavori in corso ingombrano la strada,...

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Impressioni d’agosto, strappate al primo vagito del campionato. Ha fatto un gran caldo, c’è il mercato di mezzo, i lavori in corso ingombrano la strada, è prestissimo per valutazioni sapide. Si intuisce però che tra le sette sorelle deputate e i restanti due terzi della serie A tira aria di differenze sostanziali, incolmabili. Due pareggi in 10 gare, vincono tutte e sette le favorite tranne la Juve, e quelle sette segnano 17 dei 36 gol totali (mai così tanti dalla prima di campionato del 1950), subendone appena 5. Il solco sacro è già tracciato, e non ci voleva Romolo. 


JUVENTUS
Per unanime atto di fede della critica, in ossequio all’equazione-Allegri (se c’è lui arriveranno più punti che con Pirlo: sicuri?), la Juventus è la favorita. Ma si rimonta da sola due gol a Udine, Max pasticcia con i cinque cambi e lo ammette, Ramsey regista è un pio desiderio e un messaggio, poi c’è la grottesca grana di Ronaldo. Finora è costato 300 milioni, eppure ormai è ospite indesiderato da sbolognare a chicchessia, è il cerino in mano ad Agnelli. La sensazione è di un ambiente fragile e con fragili certezze, anche tecniche. Almeno Dybala promette risvegli.
INTER
L’Inter è parsa serena, nonostante un’estate antipatica e mossa. Molto ci ha messo il Genoa. Cerca attaccanti per assistere Dzeko (reggerà i ritmi di una stagione all’Inter? Bella domanda), teme ancora di perdere Lautaro, sotto sotto sospetta che senza Lukaku e Hakimi si sarà più deboli per forza. Da valutare alla lunga l’adattabilità di Calhanoglu a un ruolo che gli imporrà molte corse all’indietro contro avversari tosti. Handanovic pare flettersi. Parecchio dipenderà da come reagirà la squadra ai molti millibar di pressione in meno di Inzaghi, rispetto a Conte, e ai borbottii di San Siro quando le cose si faranno difficili. 
ROMA
La Roma doveva partire forte, perché è l’unica con un impegno internazionale d’agosto e perché José lo vuole. Ha già una sua dignitosa struttura d’insieme, si slabbra poco, mostra fiducia. Cerca equilibri difensivi senza disperdere una goccia di talento offensivo, che è cospicuo con i due nuovi acquisti esotici, Eldor e Abramo. Se sul mercato troverà muscoli e personalità, ci si faranno i conti. Difficile pensare a un Mourinho che sogna di lottare per il quarto posto. 
LAZIO
Al di là della vittoria di Empoli, in chiaroscuro, la Lazio potrebbe essere la più lenta delle 7 a decollare. Sarri impone una rivoluzione completa di mentalità: si passa dal sistema metrico decimale con metri e centimetri, al sistema imperiale britannico, con piedi, pollici e yard. Ma si può fare. Il Comandante vuole gente di gamba alla Basic, e pazienza se Luis Alberto non si allinea: un centrocampo con lui e Milinkovic insieme può non essere sostenibile, se lo spagnolo non aumenta l’intensità. Si attende il miglior Immobile, e un’ala dal mercato. Rimane debole in porta. 
MILAN
Contro la Samp la sfanga, ma il Milan è tutto da chiarire. Ha pochi gol in canna: Giroud non è mai stato una mitraglia e Ibra, siamo seri, quanto può offrire a 40 anni? Di Kessié non v’è certezza, il mercato chiama, vedremo, e lì gireranno le cose pure per Pioli. Eppure il tutto ha l’aria di un progetto con diverse incognite. Maignan bel portiere, ma da proteggere.
NAPOLI
L’immobilità del Napoli sul mercato è la storia dell’estate: unico ingaggio Juan Jesus (omissis). L’acquisto vero è Spalletti. Con l’hombre vertical delle panchine, lentamente si migrerà verso un arrocco difensivo diverso da Gattuso e via negli spazi con Osimhen e Insigne. Ma serve un centrocampista, almeno. Chissà. De Laurentiis è ancora infuriato per quello strano Napoli-Verona di maggio, e non ha torto a farlo pesare ai giocatori. Intanto col tenero Venezia hanno dimostrato di essere quadrati, tenaci. 
ATALANTA

Si dice che dopo 3-4 anni un allenatore esaurisca la sua influenza su un gruppo. Gasperini è al sesto anno di Atalanta, e non è un uomo semplice, l’aneddotica gronda di esempi. Nessuno come Gasp migliora i giocatori che ha, pochi li stressano come lui. L’Atalanta ha cambiato portiere, è sempre lei in apparenza. Alcuni le chiedono lo scudetto, sembra un’enormità. Intanto, a Torino ha vinto come le grandi, senza meritarlo e nel recupero.

 

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Il Messaggero