Everesting, per gli ottomila dietro casa basta una bici

Everesting, per gli ottomila dietro casa basta una bici
S'è vero che c'è un Everest dentro ogni uomo di sport, allora non s'erano mai visti tanti scalatori come oggi. «L'articolo del New York Times?...

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S'è vero che c'è un Everest dentro ogni uomo di sport, allora non s'erano mai visti tanti scalatori come oggi. «L'articolo del New York Times? Confermo, con la pandemia c'è stato un boom mondiale. In Italia, nell'ultimo mese e mezzo, siamo a una media di 25-30 Everesting ogni weekend». Infermiere ciociaro, classe '76, Fabrizio Dolce è preoccupato. Dice che «di questo passo dovrò assumere una segretaria». C'è lui dietro «Everesting Italy», il sito internet che raccoglie volti e nomi di tutti gli italiani che fanno l'Everesting. Cioè che scelgono una salita e la percorrono in bicicletta quel numero di volte che basta per totalizzare gli 8.848 metri di scalata. Tanti quanti la vetta asiatica più alta della Terra.


ONDATA
Un paio di settimane fa il NYT indirizzava l'occhio di bue su questa specie di viaggio interiore che ai tempi del Covid, forse per la carestia di gare, sta abbandonando l'etichetta di piccola nicchia. Tanto da ingaggiare, fra migliaia di adepti rintracciabili sull'elenco del telefono, anche facce famose del ciclismo. Tipo l'inglese Mark Cavendish, che ai primi di maggio firmava l'impresa da casa, sui rulli, collegandosi al portale web dell'Everesting online. O lo spagnolo Alberto Contador, ritiratosi tre anni fa, lui che a metà luglio fissava il nuovo record, 7 ore 27 minuti e 20 secondi ripetendo 76 volte l'ultimo tratto del Navapelegrin a nord di Madrid, salvo vederselo bruciare poco dopo da un irlandese. Attestato per la prima volta nel '94 pioniere George Mellory, nipote dell'alpinista Mellory che perse la vita proprio sull'Everest nel 1924 e ufficializzato nel 2014 dai ciclisti australiani dell'Hells 500 Club, da allora sono stati compiuti oltre 10mila Everesting di cui 700 e passa in Italia: l'Hall of Fame curata da Dolce vive di sfondi che vanno dallo Stelvio all'Etna passando per le montagne sopra il lago di Garda.

TARGET
Il primo Everesting italiano di gruppo s'è svolto cinque anni fa a Campocatino. È lì e a San Giovanni Incarico, sempre Frosinone, che Dolce ha timbrato i suoi tredici Everesting. Curriculum buono per fare da cicerone.
«Detto ch'esiste anche l'Everesting a piedi, parliamo di qualcosa che non è esattamente aperto a tutti. Si superano anche le 20 ore quindi serve un buon livello di preparazione, anche perché il regolamento non ammette pause per dormire. Il target principale sono ciclisti amatori o agonisti abituati alle lunghe distanze e l'età media va dai 35 anni in su».
Ci vuole un certo spirito: «Uno spirito che dimentica la competizione in favore dell'avventura».

RITUALE

L'allestimento del rito è certosino. «La pianificazione così Dolce è quasi più importante dell'allenamento. La salita adatta, in primis: pendenza-media ideale fra 6 e 7%, fondamentali la lunghezza nell'ottica della discesa, perché 18 km di curve potrebbero minare la concentrazione, e il fondo stradale per pedalare in sicurezza di notte. Poi lo studio di alimentazione e idratazione: un Everesting porta via circa 10mila calorie». Nel durante? «La pazienza è tutto». Racconta Dolce che «il boom nasce anche dall'essenza di un traguardo slegato dalla performance, gustandosi il panorama, difatti le pause sono consigliate». La percentuale di tentativi falliti è minima. «Dipende da fattori meteo: inutile immolarsi in un acquazzone, idem se c'è troppo caldo». Dubbio: qualcuno bara? «Mai. Tutto va dimostrato tramite il dispositivo gps. Del resto l'Everesting lo fai per te stesso: mentire a se stessi che senso avrebbe?».
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Il Messaggero