Russia 2018, Francia: un popolo nuovo che si abbraccia

Russia 2018, Francia: un popolo nuovo che si abbraccia
Champions du monde! Champions du monde! Due volte campioni, due stelle, Parigi esplode, la Francia sale sul tetto del mondo, anzi di più, ride e si abbraccia, urla...

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Champions du monde! Champions du monde! Due volte campioni, due stelle, Parigi esplode, la Francia sale sul tetto del mondo, anzi di più, ride e si abbraccia, urla liberté, égalité e fraternité come un inno da ballare. Non capita spesso. Gli Champs Elysées sono un tappeto di gente, un milione di ragazzi fradici in un caldo che non sente più nessuno, come i ragazzi di Lione non sentono l’acqua del temporale, e quelli di Grenoble il vento di una mini tempesta che ha fatto chiudere la fan zone. Ma a Parigi dopo i festeggiamenti alcuni vandali hanno sfondato la vetrina di un negozio provocando la reazione della polizia: assalti, scontri e fumogeni la conseguenza.


BRIVIDI 
E i marsigliesi che cantano una Marsigliese potentissima sul porto quasi allo stesso momento in cui la cantano i ragazzi – e anche i più grandi – sulla Grand Place di Lille. Le strade e le piazze, Bastille, République, Nation, le banlieue, e pure i quartieri chic, sono un tappeto bleu-blanc rouge, che non c’è mai stato per nessuna festa nazionale, che per molti, moltissimi, non c’è stata nemmeno il 12 luglio 1998, perché la maggior parte di questa folla che grida e ride insieme la vittoria del ’98 nemmeno se la ricorda, tanti nemmeno erano nati. Il Champ de Mars sembra ondeggiare come un mare, sotto la torre Eiffel, dove la polizia aveva dichiarato il tutto esaurito alle 14 e 19: 90 mila persone. Centodiecimila poliziotti mobilitati in tutto il paese, diecimila solo a Parigi. Lo ricorderà la Francia questo 15 luglio, quello in cui i Bleus vinsero la seconda stella, sì, quello di Griezmann e Mbappé e anche Pavard, ma soprattutto quello della Francia che è sembrata ritrovarsi, piangere insieme, ridere, abbracciarsi. Un popolo nuovo che ride, e pazienza se è solo un pallone, pazienza se durerà qualche giorno o al massimo quattro anni, fino al Qatar, pazienza se la squadra è stata fortunata, se Deschamps è un calcolatore tanto simile ai cugini italiani che è così divertente prendere in giro, pazienza tutto, perché questa Francia non sembrava aspettare altro: ritrovarsi. Dopo la crisi, gli attentati, i movimenti sociali, la paura del terrorismo a cui ci si è abituati. Al Labo, enorme caffè open air a Pantin, periferia est di Parigi, l’età media deve essere vent’anni. Al fischio finale, la terra trema. Agli appassionati di calcio, ai “veterani” fanno quasi tenerezza questi francesi che ancora non riescono a trovarsi davvero un inno, a inventarsi una canzone, che hanno riciclato con gioia il Popopopopo che pure li condannava alla dannazione nel 2006 e che ancora ieri, cantano stonati.

COMMOZIONE

La festa più commovente è al Carillon, dove i terroristi fecero strage il 13 novembre 2015. Due anni e otto mesi dopo cantano «We are the champions», alzano le birre come fosse un’altra coppa del mondo, una vittoria ancora più importante. A Mosca, Emmanuel Macron è stato il primo tifoso. Conosce e ama davvero il calcio (al contrario di Chirac nel ’98) e sa che una coppa del mondo non è solo felicità nazionale, ma anche belle ripercussioni economiche e un premio di popolarità anche per il presidente. In tribuna d’onore, Macron ha urlato e tirato pugni in aria. “MERCI” twitta il presidente, tutto maiuscolo. Poi commenta «Sono molto felice per la Francia, molto orgoglioso della squadra». Oggi riceverà i Bleus all’Eliseo, poi la squadra scenderà i Campi Elisi, come i loro fratelli maggiori vent’anni fa. “Canta” su twitter anche la sindaca Anne Hidalgo: «On est champions!». Ieri sera la festa continuava. Perdeva la testa pure il Louvre, sparando su twitter una Gioconda con la maglia dei Bleus e le due stelle sul petto (che ha fatto infuriare sui social i tifosi italiani, ma «il Louvre è un museo a vocazione universale», la replica in italiano). Dicono che la Francia sia troppo cerebrale per “fare la festa”, dicono che non sia un paese di calcio. Se continua così, alla fine, imparerà. 
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Il Messaggero