Rugby World Cup, dal tentato suicidio alla finale dei Mondiali: la favola dell'arbitro gay, Nigel Owens

Rugby World Cup, dal tentato suicidio alla finale dei Mondiali: la favola dell'arbitro gay, Nigel Owens
A 26 anni fu salvato in extremis da un tentativo di suicidio. Oggi, a 44 anni e dopo aver fatto coming out, si appresta a dirigere la finale del Mondiale di rugby. È la favola di...

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A 26 anni fu salvato in extremis da un tentativo di suicidio. Oggi, a 44 anni e dopo aver fatto coming out, si appresta a dirigere la finale del Mondiale di rugby. È la favola di Nigel Owens, il fischietto gallese scelto per dirigere l'ultimo atto della rassegna iridata fra Nuova Zelanda e Australia in programma sabato a Twickenham. I pregiudizi, anche nel rugby, non sono del tutto superati. Intanto però la palla ovale ha abbattuto un tabù: Owens è infatti il primo arbitro dichiaratamente gay scelto per una finale. Una scelta pressoché scontata, visto il suo curriculum. Il gallese è un'autentica icona del rugby, un veterano della palla ovale che ha diretto tre finali di Heineken Cup e oltre 60 test match. La strada per arrivare fino a Twickenham, però, è stata tutta in salita. Nato in un piccolo villaggio del Carmarthenshire, scoprì la sua passione per il rugby a 16 anni e in breve tempo capì di avere più talento da arbitro che non da giocatore. La sua promettente carriera toccò il punto più basso nel 1997, quando decise di togliersi la vita. «All'epoca avevo 26 anni e non volevo essere gay», ha raccontato in seguito. Owen scrisse quindi una lettera ai suoi genitori, scalò una montagna dietro casa sua e assunse paracetamolo e whisky fino a perdere i sensi. Fu salvato dalla polizia, che lo trovò quasi per miracolo dopo averlo avvistato da un elicottero. «I medici -ha poi rivelato il gallese- mi dissero che se non mi avessero trovato entro un'ora, sarebbe stato troppo tardi».


La sua seconda vita è cominciata davvero nel 2007 quando, alla vigilia del suo primo Mondiale, ha rivelato al mondo la sua omosessualità. Gli ostacoli non sono finiti lì. Circa un anno fa, infatti, Owens ha raccontato di avere pensato di chiudere la sua carriera da arbitro dopo essere stato preso di mira da alcuni tifosi con insulti omofobici durante un Inghilterra-Nuova Zelanda giocata proprio a Twickenham.


Alla fine però ha prevalso l'amore per lo sport: «Se non fosse stato per il rugby, i giocatori, gli spettatori e tutta questa comunità non sarei la persona che sono oggi», ha spiegato Owens in un documentario trasmesso di recente dalla Bbc. Arbitrare la finale di un Mondiale per lui è prima di tutto «un onore e un privilegio». «Questa è la mia terza coppa del mondo e penso che sia la migliore», ha ammesso il gallese una volta appreso di essere stato designato. «Voglio ringraziare i miei amici e la famiglia per essermi stati vicini nei momenti più difficili della mia vita - ha aggiunto - Peccato solo che mia madre non possa essere qui in questo momento. È morta sei anni fa, ma sarebbe stata molto orgogliosa di me».


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Il Messaggero