Rugby Roma Seven, il Sud Africa vince ancora pensando a Rio, trionfano anche le ragazze della Rainbow nation

Werner Kok
I coreani hanno linee di corsa insolite. Vanno in orizzontale. Stravaganti, ma mai come la maglia "vietata ai minori" dei milanesi 3/4 DM (vi risparmiamo volentieri la...

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I coreani hanno linee di corsa insolite. Vanno in orizzontale. Stravaganti, ma mai come la maglia "vietata ai minori" dei milanesi 3/4 DM (vi risparmiamo volentieri la spiegazione del greve acronimo "DM").

I lituani hanno le orecchie a sventola e i visi giovanissimi. I francesi invece (si badi: non esattamente la Francia che andrà alle Olimpiadi) sfoggiano una maglia rossa alla faccia del loro nick name, "Bleus". I georgiani non brillano per eleganza rugbystica, mentre gli italiani cercano sia eleganza che presenza.
I brasiliani sono quanto di più interessante e (perché no?) simpatico espresso ultimamente dal rugbyplanetario e i sudafricani, loro, i blitzbokke, sono forti e mettono paura. Per completare il quadro della quindicesima edizione del Roma Seven disputata allo stadio dell'Acqua Acetosa, bisogna poi parlare delle ragazze. Delle potenti keniote, per la prima volta a Roma; delle seguitissime sudafricane (non soltanto per meriti sportivi); delle giovanissime azzurre.

Assieme alle mille immagini del rugby a sette, le classifiche: il Sudafrica, tra le favorite per l'oro olimpico a Rio, vince il torneo per la quarta volta di fila. In finale, successo 19-7 sul Brasile. Terzo posto e dunque "plate" per i Seven Kings of Rome. Il "bowl" (di fatto il tabellone dei perdenti) va infine alla selezione francese Seventise, che mutua il nome dalla passione per la musica disco anni '70 e passa 14-12 sull'Italia. Trionfo della Rainbow Nation anche tra le donne: robusto 40-0 nel derby africano con il Kenya.

CINQUE CERCHI
Torneo preolimpico, il Roma Seven, che prepara anche alla manifestazione della prossima settimana in programma nel Principato di Monaco. Il "repechage" che consegnerà il 12° posto, ultimo utile, per prendere parte a Rio 2016. Favorite le Samoa. E l'Italia? Beh, l'Italia alle Olimpiadi non ci sarà. L'Italia, soprattutto, sebbene sia ai vertici mondiali delrugby classico a 15 giocatori, con la "benedizione" di far parte del Sei Nazioni, nel seven deve pagare dazio rispetto a realtà come Portogallo o Germania. Quest'ultima, addirittura, può anche permettersi di trascorrere un mese alle Fiji per imparare dai maestri.

«Noi non abbiamo la stessa possibilità di altri Paesi di lavorare full time con giocatori specializzati nel seven - ammette il team manager Orazio "Bimbo" Arancio - Al momento continuiamo a seguire ragazzi adattati dal XV». Quella che scende in campo nella Capitale, in particolare, è una sorta di selezione di universitari. Tra questi, anche Enrico Francescato, nipote del leggendario e compianto Ivan, poesia in movimento nell'Italrugby di Georges Coste, e custode di una stirpe. Lo sfortunato Francescato che esce dopo il vittorioso quarto di finale con la Lituania per un pestone al polso.

Nel 2017, partirà il progetto che consentirà al ct Andy Vilk e al suo staff di lavorare su un gruppo di giocatori adatti esclusivamente alla disciplina. Sempre dal 2017 (esatto, l'appuntamento brasiliano è già bruciato) è previsto un maggior coinvolgimento da parte dei corpi sportivi. Arancio va oltre: «Abbiamo bisogno che l'Italia si doti poi di un campionato seven. Bisogna creare un movimento. Non ha senso investire tanti soldi su uno sport se quello sport, di fatto, nemmeno esiste in un Paese».

IL PIU' FORTE
Hanno ben altri problemi i blitzbokke. Fino ad agosto, il Sudafrica ha un chiodo fisso: una medaglia del metallo più prezioso. A contendergliela Fiji e Nuova Zelanda, ma anche tante outsider alla finestra. Arancio, per esempio, tra queste sceglie gli Stati Uniti. «Non sarà un torneo come gli altri per noi, non lo sarà per nessuno - dice un determinato Werner Kok, 23 anni, player of the year 2015 - Nessuno di noi ha mai avuto l'opportunità di giocare in un evento di tale portata e siamo entusiasti soltanto all'idea. Personalmente, ho dedicato gli ultimi dieci anni della mia vita a questo obiettivo». Quanto all'appuntamento brasiliano, «sì, veniamo indicati tra i favoriti ma sarà durissimo. Ogni nazionale è in grado di far male. In particolare, le Fiji stanno attraversando un grande momento, la Nuova Zelanda è un'incognita».


Misteriosa almeno quanto il prossimo torneo olimpico, spettacolo che il mondo ovale attende da qualcosa come 92 anni. Peccato che l'Italia alla festa non si sia meritata l'invito. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero