Rugby, Giulio Bisegni dice addio alla Nazionale a 28 anni: «La fiamma si è spenta, riprendo la mia vita»

Rugby, Giulio Bisegni dice addio alla Nazionale a 28 anni: «La fiamma si è spenta, riprendo la mia vita»
Noi, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato. Gli abbiamo detto di ripensarci, di non essere precipitoso, che ventott'anni sono pochi, ma lui è stato irremovibile:...

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Noi, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato. Gli abbiamo detto di ripensarci, di non essere precipitoso, che ventott'anni sono pochi, ma lui è stato irremovibile: Giulio Bisegni ha ufficialmente detto «No, grazie» alla Nazionale. Continuerà a giocare nelle Zebre, a Parma. Condizione da professionista, certo, ma con più tempo per dedicarsi agli studi in Ingegneria gestionale. Frascatano di nascita (anche rugbystica), tre stagioni alla Lazio nel massimo campionato, poi appunto la franchigia federale di Pro 14 dove è diventato capitano. La prima delle sue sedici presenze in azzurro nel 2015, nel tempio di Twickenham contro l'Inghilterra.

In carriera anche il Mondiale dello scorso anno. Dieci apparizioni all'ala; le ultime due lo scorso mese di febbraio: cinque minuti a Parigi, in casa della Francia, sei a Roma contro la Scozia. Ed entrambe subentrando a Tommaso Allan, all'apertura! Appena quattro apparizioni tra i centri, il suo reparto di riferimento. Quello in cui si è sempre fatto onore. Zero spazio nelle ultime due uscite del Championship e per l'imminente prima edizione dell'Autumn Nations Cup (sabato 14 la sfida con la Scozia). Inutile dirvi come l'opera di persuasione sia miseramente fallita.

«Sì, ho ventott'anni, ma non è questione di età né di percorso di crescita - ammette a cuore aperto - Sono nel giro della Nazionale da sei anni. Sempre convocato, ma senza trovare tanti spazi. A quanto pare non sono riuscito a conquistarmi la fiducia dei tecnici che si sono succeduti (ben tre: Brunel, O'Shea e ora Smith; ndr), così come sono consapevole di essere un giocatore più attitudinale che tecnico, ma è pur vero che adesso la fiamma si è spenta. Mi sono rassegnato e mi sono chiesto 'Che ci sto a fare?' E allora, visto che le convocazioni arrivano sempre a ridosso delle sessioni d'esame, sono arrivato alla mia decisione. Con somma serenità, va detto, e ripetendomi che quanto potevo dare l'ho dato».

Ripensamenti? «Ora come ora dico no». E ancora: «Il mio percorso di crescita è stato diverso da quello di molti che si affacciano solo ora in azzurro, perché, checché se ne dica, le strutture di formazione federale si sono consolidate e funzionano». Un confronto con il ct Smith? «Io con Franco sono stato sincero, gli ho detto tutto. Nel complesso penso che avrei potuto giocarmi un posto come secondo centro, non foss'altro per i tanti infortuni occorsi ai miei compagni nel ruolo. E invece no, l'entusiasmo si è spento».

Giulio è al terzo anno della laurea triennale all'Università di Parma. Ingegnere civile è invece la compagna Camilla («di Frascati anche lei - puntualizza il capitano delle Zebre - Mogli e buoi dei paesi tuoi!»)  con la quale vuole costruire una famiglia. «Completiamo gli studi e poi si vedrà». «Da noi, in Italia, non si vive di rugby. Se non hai la fortuna di andare a giocare all'estero, dove tra l'altro hai anche tutele ben diverse dalle nostre, le prospettive non sono molte. Con il rischio che puoi anche incorrere in infortuni importanti ed essere costretto a lasciare dall'oggi al domani. Di casi ne potrei citare tanti».

La truppa dei romani nell'Italrugby, intanto, si restringe. Restano soltanto i piloni Ceccarelli e Fischetti. «Mi raccomando però - "puntualizza" ancora Giulio - quando intervisterete Fischetti, ricordategli che è di Pomezia, mica romano de Roma!» Scherzi a parte, anche Bisegni vede una Nazionale in progresso, anche se servirà un po' di tempo. «Ma non sarà soltanto l'aspetto tecnico a fare la differenza. L'ignoranza di un diciottenne inglese o gallese non è dato trascurabile». Che poi, effettivamente, sta tutto lì.  

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Il Messaggero