No no, non scherziamo. È vero, l'Italia contro la Nuova Zelanda le ha sempre prese e in trent'anni di sfide è riuscita soltanto a fare il solletico ai...
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QUASI SCONFITTI
Correva l'anno 1979, i tuttineri erano reduci da una “capatina” in Australia (virgolette d'obbligo, parliamo del derby dei derby) e da un altro tour in Inghilterra e Scozia. Conclusero le loro fatiche in quel di Rovigo e la spuntarono 18-12, passivo più contenuto di sempre per gli azzurri. Qual è il problema? La federazione ospitante riconobbe la partita come ufficiale; i neozelandesi, che consegnarono alla storia quel gruppo come selezione “All Blacks XV”, no. Significa che per gli annali quel 12-18 non esiste, praticamente fuffa, ma andate a spiegarlo a Stefano Bettarello, che quel giorno segnò 8 punti al piede, o a Nello Francescato, che marcò una meta. Andate a spiegarlo, soprattutto, ai fortunati che assistettero a quella quasi vittoria. Due anni prima, a Padova, il “XV del Presidente”, selezione composta dagli azzurri e dagli stranieri del massimo campionato Pardiès (francese), Babrow e Naudè (sudafricani) aveva perso 17-9 dalla Nuova Zelanda. Impossibile battezzarla come ufficiale.
BATOSTE MONDIALI
Per il resto, una compilation di batoste: di 12 confronti ufficiali, tante mazzate, e in ben 5 occasioni le partite rientravano nel programma della Coppa del Mondo (sono piuttosto singolari i sorteggi dei Mondiali ovali). A cominciare dal 70-6 buscato ad Auckland nel match inaugurale del Mondiale in terra neozelandese del 1987 e una meta, quella di John Kirwan (poi ct degli italiani), riconosciuta come una delle più belle mai segnate nella storia della competizione. Ancora: il 31-21 della Coppa 1991 in Inghilterra, il terrificante 101-3 del 1999 ad Huddersfield, il 70-7 del 2003 a Melbourne e il 76-14 del 2007 a Marsiglia. Quello dell'onta vera, quando cioè Bortolami e soci, la macchina inceppata ai ferri corti con l'allora ct Berbizier, voltarono timorosamente le spalle alla Haka.
ALTRE BATOSTE
Per completare la mostra delle atrocità, il 6-70 di Bologna (1995), il 19-56 di Genova (2000), il 64-10 di Hamilton (2002, la sfida in cui debuttò il capitano di oggi Sergio Parisse). Poi la prima volta a Roma, ma al Flaminio: 10-59 nel 2004. Nel 2009, il 27-6 di Christchurch ma anche il 6-20 davanti agli 80.000 di San Siro con una mischia infinita (e, a dirla tutta, una meta tecnica non concessa) nei 22 tuttineri. L'ultima volta ancora a Roma, all'Olimpico: 10-42. In tutto fanno 118 punti segnati, 686 subiti. Non esattamente un tracollo, bensì un ringraziamento da rivolgere ai maestri. Sebbene quel 28 novembre 1979 al “Battaglini” gridi ancora vendetta. Sacrosanto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero