A Entro la metà del mese, la Roma si recherà a Nyon dove dovrà rispondere per non aver rispettato uno dei 4 parametri del Settlement Agreement sottoscritto...
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LE DUE STRADE
Il problema rimane sempre lo stesso: la Roma, al momento, costa più di quanto ricava. Due le strade: 1) Si abbattono i costi di gestione (che per l’80% riguardano gli ingaggi dei calciatori) e si limita la competitività della squadra 2) Si tengono alti i costi gestionali, mantenendo la competitività sportiva per entrare in Champions, recuperando quello che manca tra costi e ricavi con le plusvalenze dovute al trading dei calciatori. La Roma ha deciso di intraprendere questa seconda via, in attesa di nuove entrate (individuate a Trigoria con la costruzione del nuovo stadio) che possano permettere ai ricavi di lievitare e superare (o quantomeno pareggiare) i costi. In quest’ottica va visto certamente di buon occhio l’arrivo del main sponsor che tuttavia, rispetto alle entrate complessive della società (il riferimento da tenere in considerazione sono più o meno 200 milioni, in linea con quanto introitato al 30 giugno del 2016, quando i milioni furono addirittura 219,4), inciderà intorno al 5% (ergo, circa 10 milioni a stagione, ndc). Un tassello che permetterà di aumentare la voce dei ricavi, dove tuttavia i contributi della proprietà, ossia di Pallotta, non vengono considerati come attivo di bilancio. L’istituzione del fair play finanziario nasce (su pressione del Real Madrid e del Bayern Monaco) proprio in quest’ottica visto che dopo l’acquisizione del Psg e del Manchester City, la Uefa ha voluto bloccare la possibilità infinita di spesa delle due proprietà qatariote. Semplificando al massimo la gestione dei conti della Roma, è come se si prendesse un foglio e lo si dividesse in due parti. Da un lato si inseriscono i costi e dall’altro i ricavi. Il differenziale tra le due voci si deve avvicinare quanto più possibile allo zero. Dove non arrivano gli sponsor, il botteghino, gli introiti televisivi, il merchandising o le entrate della Champions, entrano in gioco le plusvalenze. E qui tocca a Monchi. Professionista serio e sincero, come dimostra anche l’ultima conferenza stampa di ieri. Il suo motto estivo - ‘il problema non è vendere ma comprare male’ - sarà la stella polare della Roma del futuro. Per far sì che la gestione finanziaria (che non potrà fare a meno del trading di calciatori) e quella tecnica, possano andare di pari passo non soltanto nelle strategie societarie ma anche nell’immaginario popolare. Al quale basterebbe poco: vincere una tantum e non soltanto partecipare. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero