L’aria di una festa rovinata. Questo si respira a Trigoria il giorno dopo la vittoria di Pescara. Il fatto: prima di lasciare lo stadio Adriatico, nei corridoi che collegano...
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VECCHIE STRATEGIE
Eventuale, perché ieri Luciano Spalletti ha ingranato la retromarcia sul discorso trofei: «Il secondo posto è un risultato eccezionale». Il senso della frase non è nuovo, dato che lo stesso concetto è stato pronunciato dall’allenatore qualche mese fa, quando Lucio era dell’idea che il termine «vincere» era assimilabile anche ai risultati di gestione e qualità del lavoro che avrebbero contribuito alla crescita del club. Era il 21 dicembre, la vigilia di Roma-Chievo e il giorno prima era uscita l’anteprima dell’intervista al tecnico su France Football («Se non vinco me ne vado»). Spalletti per spiegarla ha detto: «Se valuterò i risultati o il lavoro fatto? Si valuta tutto: i risultati, la posizione in classifica, la crescita o il peggioramento dei calciatori che si hanno a disposizione. Si valuta come si relaziona la squadra con l’allenatore. Se c’è un obiettivo comune, un punto da rincorrere, un punto d’arrivo che tutti vogliono, se la traccia di dove si vuole andare è ben delineata. Si valutano tutte queste cose. Poi tutti insieme analizziamo il risultato del lavoro fatto e si valutano tutte le strade scelte». Un momento di sincerità? Fatto sta che il ping pong messo in scena dall’allenatore nel corso della stagione potrebbe essere servito a motivare i giocatori, o magari per aprirsi una via di fuga in caso dell’incubo “zero tituli”. A Trigoria continuano ad assicurare che il futuro del tecnico non ancora è scritto, ma l’arrivo in pompa magna di Monchi e l’accoglienza glaciale di Spalletti («dicono tutti che è un grande professionista»), lasciano pensare che l’ex ds del Siviglia abbia come primo obiettivo quello di sciogliere il nodo panchina. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero