dal nostro inviato «Ha segnato Schick, ha segnato Schick, ha segnato Schick», il coro liberatorio della stracolma...
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«Ha segnato Schick, ha segnato Schick, ha segnato Schick», il coro liberatorio della stracolma Curva romanista presente al Mazza. Liberatorio il coro, liberatorio il gol di Patrik, il terzo, quello vero, quello che archivia la sfida pericolosissima contro la Spal. Quello vero perché sono tanti i dubbi sulla seconda rete della Roma, che sembrava anch’essa sua, per una (apparente) leggera deviazione sulla botta di Nainggolan. Ma il ceco per primo non aveva esultato, come fosse rassegnato. Tutti dal Ninja, anche lui. Pace, sarà per la prossima volta. Che arriva subito. Sulla pennellata di Pellegrini c’è la pettinata di Patrik, che sorride, esulta e si rivolge ai tifosi, come a dire: «Questo è mio». E’ suo e nessuno glielo tocca. E’ rinato, è il primo figlio, quello che non si dimentica, il primo gol in campionato, quasi sul gong. Perché uno, inutile, lo aveva realizzato in Coppa Italia contro il Torino nel lontano dicembre. Schick ora sta bene, si vede. E’ attivo, reattivo, voglioso, ricomincia a sentire la giocata (bello lo scavetto-assist per El Shaarawy), ricomincia a sentire la porta. La partita con il Barcellona lo ha restituito al mondo, la strigliata di Dzeko lo ha rimesso con i piedi per terra. Ora finalmente c’è, gol a parte. E’ vivo. Tardi, forse. Ma meglio tardi che mai. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero