Roma, ritiro o silenzio stampa? Macchè, sono cose poco americane

Roma, ritiro o silenzio stampa? Macchè, sono cose poco americane
La Roma non vince più, anzi a Milano ha addirittura perso eppure a Trigoria non succede niente. Il solito tran tran, senza alcuno scossone. Ritiro, per dirne una? Per carità, ...

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La Roma non vince più, anzi a Milano ha addirittura perso eppure a Trigoria non succede niente. Il solito tran tran, senza alcuno scossone. Ritiro, per dirne una? Per carità, roba vecchia. Un punto nella ultime due partite non basta a giustificare alcun tipo di novità: si va avanti così, confidando in tempi migliori. E, magari, in un altro Paloschi. E ci si chiede: ma la società davvero non vuole intervenire oppure non ce la fa proprio ad intervenire? Chi comanda, realmente, al Bernardini? Il dg Baldissoni con il ds Sabatini, Garcia oppure comandano i giocatori? È grottesco, per certi versi, che - vista la delicatissima situazione di classifica («Un fallimento non andare in Champions», cit. Sabatini) - e i complicati rapporti all'interno dello spogliatoio che non si muova una foglia. Un esempio: la squadra non va e, in un momento come questo, una cosa corretta da fare sarebbe almeno non parlare. Perché oggi all'interno della Roma più si parla e più si combinano guai. Non c'è un solo dirigente/allenatore/giocatore che dica cose che aiutano realmente la causa giallorossa. La sensazione, concreta, di un tutti contro tutti; di un continuo, sottile scaricabarile. È evidente che le partite non si vincono con il silenzio-stampa, però star zitti talvolta aiuta. Se non altro a non disperdere inutilmente energie. Un vecchio proverbio recita: zitti, testa bassa e pedalare. È un concetto troppo poco moderno per essere applicato alla Roma americana?


TANTE PAROLE, POCHI GOL

La comunicazione, lo insegnano proprio negli Usa, ha un valore fondamentale nella gestione delle risorse. A patto che, ovviamente, sia produttiva. Parlare male di questo o di quello; ripetere all'infinito dichiarazioni fuori tempo non serve a nulla; anzi, peggiora le cose. Nei mesi passati da Trigoria se ne sono sentite di tutti i colori e di tutti i tipi, ma nulla o quasi si è trasformato in realtà. Oggi alla Roma c'è bisogno di fatti, non di parole. C'è bisogno come il pane di gol, per dirne un'altra. L'attacco della squadra giallorossa, con 43 reti, è uno dei meno prolifici della massima serie. Dopo Icardi, anche Toni ha raggiunto il triste sestetto di Garcia: 17 reti l'ex giallorosso oggi al Verona, 17 reti Ljajic, Totti, Gervinho e Iturbe (più Ibarbo e Doumbia, a quota 0...) messi insieme. Che amarezza... Tutto questo nonostante la società abbia cacciato un mare di soldi, tra l'estate scorsa e lo scorso gennaio, per portare nella capitale elementi per l'attacco. E molti ne dovrà spendere prossimamente per aggiustare la situazione. Solo che, e l'ha riconosciuto lo stesso Sabatini, recentemente sono stati spesi male. Emblematico, sotto questo aspetto, l'ingaggio di Doumbia (inguardabile il suo finto riscaldamento a Milano, vedi youtube). Ricordando poi, che a fine stagione con tutta probabilità tornerà Destro, il Doumbia del Milan, come ormai l'hanno etichettato all'ombra della Madonnina. Garcia ha affermato più volte, lo ricorderete, che per lui è meglio avere cinque attaccanti da cinque gol ciascuno che uno da 25. E poi dice che non sarebbe meglio il silenzio-stampa... Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero