Roma, processo a Trigoria: Ranieri è l'accusa

Ranieri (foto Gino Mancini)
«Io sto qui solo tre mesi, ma se andiamo avanti così, non sarò l’unico ad andare via». Ranieri, nello spogliatoio del Mazza, ha urlato in faccia ai...

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«Io sto qui solo tre mesi, ma se andiamo avanti così, non sarò l’unico ad andare via». Ranieri, nello spogliatoio del Mazza, ha urlato in faccia ai giocatori la sua rabbia per il ko di Ferrara. Deluso dal gruppo. «Non siete una squadra: avete finito gli alibi». Gli sono bastate 2 partite per capire che la Roma, dopo l’esonero di Di Francesco, rischia di non riprendersi più da qui al traguardo. In campo ha paura di se stessa e di chi ha davanti. Ecco perché l’allenatore ha indicato i responsabili anche in pubblico. Parlando da dirigente. Magari pure da tifoso. Ricordando ai suoi interlocutori che si devono meritare gli ingaggi da top player. Senza Champions, la resa dei conti. Solo due ore prima Massara, il ds di scorta, ha invece dato garanzie sulla solidità del club. E sulla continuità di quello che nessuno però chiama più progetto. Posizioni differenti, in attesa dell’ennesima rivoluzione.

INTERVENTO PERICOLOSO 

Bisogna vedere, alla ripresa del campionato, se il discorso di Ranieri, apprezzato più dalla tifoseria che dalla squadra, sarà utile. L’allenatore di solito non si rivolge così ai suoi giocatori. Perché, quando si fa riferimento agli ingaggi, è spesso scontato che si offendano, scaricando appena è possibile il tecnico. La mancanza di personalità è, comunque, la sua preoccupazione principale. In più non gli piace affatto l’egoismo di chi va in campo pensando al proprio interesse. Il nervosismo di Dzeko, con El Shaarawy e Cristante oltre che con il pubblico di Ferrara e il ds della Spal, ha animato anche i 15 minuti dell’intervallo. Discussione di gruppo pure dentro lo spogliatoio. Urla che confermano la spaccatura interna.

FUTURO INCERTO

La piazza, senza la partecipazione alla prossima Champions, teme il ridimensionamento. Magari con ulteriori plusvalenze generate dalle cessioni di Manolas, Under e lo stesso Zaniolo. In più manca la chiarezza su chi dovrà prendere le decisioni più significative. Dalla scelta del nuovo ds a quella dell’erede di Ranieri. Pallotta si fida di Baldini che però non ha alcun ruolo se non quello del suggeritore. Diversi procuratori si interfacciano ancora con il consulente. Lui spinge per Sarri che comunque è vincolato al Chelsea. A Trigoria, Fienga e Totti cercano di essere operativi. L’ex capitano oggi è l’ombrello sempre aperto per qualsiasi problema. A Torino, invece, Petrachi è in attesa. Fa sapere, essendo amico di Conte, di essere pronto a convincerlo a trasferirsi nella Capitale. Missione, al momento, quasi impossibile. Soprattutto se la proprietà Usa deciderà di ridurre gli investimenti sul mercato. In pole per la panchina, da qualche giorno, ecco Gasperini, legato all’Atalanta fino al 2021: ok per gioco, spirito e professionalità. E senza fare distinzioni tra big e giovani. L’alternativa, da mesi, è Giampaolo, apprezzato da Baldini. Qualche dubbio ce l’ha, però, chi vive da sempre in questa città: non c’è la certezza che l’attuale tecnico della Samp sia il profilo giusto per la pressione che troverebbe quotidianamente attorno alla Roma. Dove l’ideale sarebbe stato il totem alla Ancelotti, come in passato lo fu Capello che, non a caso, arrivò a conquistare il 3° (e ultimo) scudetto della storia giallorossa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero