Un sorriso. Anzi, quel sorriso. Ecco cosa ci mancava di Patrik Schick. Più che di un suo gol, avevamo bisogno di vederlo felice. Sorridente, appunto. Perchè con...
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LO ZAINO SULLE SPALLE
Quel giorno, Schick è diventato improvvisamente grande, con tutte le preoccupazioni degli adulti. Deve essere stato complicatissimo cominciare un’altra vita, in più lontano dalla serenità di Genova e immerso con tutto se stesso nel tritacarne della Capitale. Portandosi sulle spalle uno zaino pesante 42 milioni di euro. Deve esser stato faticosissimo giocare e non giocare, entrare e uscire senza che qualcuno si accorgesse della sua presenza. Facilissimo, invece, è stato perdere il sorriso, amplificare lo scetticismo dei suo detrattori, maledire lui e chi l’aveva portato alla Roma. Ecco perché la rete di Ferrara sembra, o potrebbe essere, tanta roba. Una promessa per il futuro, chissà. «Ho festeggiato con tutti i miei compagni, anche quelli della panchina, perché tutti mi sono stati vicini. Sul tiro di Nainggolan avrei voluto toccare il pallone, ma non ci sono riuscito: il gol è di Radja», ammette con candore. E, forse, è meglio così, perchè per cominciare gli serviva un gol vero, bello e pulito, non uno brutto e sporco. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero